L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro raccomandato

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“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Questo è il primo articolo della nostra costituzione. Articolo cardine su cui si basa la nostra repubblica e gli equilibri nella nostra democrazia.  Per governare un paese diceva Machiavelli occorre far credere. I politici di casa nostra sul raggirare e sul far credere non hanno eguali al mondo. Sono legislature che ci prendono in giro. “Votami e vedrai che la musica cambia!” “No, vota me, l’altro ha il conflitto d’interesse…” “Vota a me che ti trovo lavoro” “Votami e mando via gli extracomunitari”.

Quante ne abbiamo sentite di queste demagogiche promesse? Centinaia. Mantenute? Pochissime. Ragazzi come me si svegliano la mattina e sanno che il posto di lavoro non lo avranno senza una “conoscenza particolare”. Difatti l’iter vitae di ogni italiano secondo i costituenti sarebbe quello di lavorare tutta la vita, per poi godersi il meritato riposo quando si arriva all’età pensionabile.

Ho due dubbi.

Il primo è che dobbiamo fare una riforma costituzionale e aggiungere dopo lavoro la parola “raccomandato”.  “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro raccomandato”.(La politica clientelare e nepotista italiana tocca ahinoi dei primati europei.) Non suona meglio? Di sicuro è più vera e realistica come affermazione. Lavorare dunque una vita per poi andare in pensione. La pensione?

Non tocchiamo il mio secondo dubbio.  I giovani lavorano per la “regrette” che non avranno. Avranno una specie di “rimborso spese”, visto che si prevede che la percentuale dell’80% dell’ultima retribuzione attuale andrà calando per via dell’invecchiamento della popolazione. Del resto noi giovani siamo esclusivamente “bamboccioni” che si fanno mantenere dai genitori. (ci sono sempre e comunque molti casi limite) Poi, incredibile ma vero, c’è lo stupore da pesce palla quando i quorum elettorali non vengono raggiunti. Se fossi un politicante in corsa per le elezioni direi “La colpa è del precedente governo! Noi siamo seri!”  Ma cosa pensate che facciamo a gara per eleggere chi ci penetra più a fondo? Siamo sciocchi, ma fino ad un certo punto.

La repubblica nata per difendere i nostri diritti dalle dittature sembra aver fallito. La Costituzione sembra in realtà difendere solo gli interessi di chi vince i seggi. Quindi se parliamo di seggi certamente vi chiederete quale fazione politica ho votato alle precedenti elezioni. Il voto sarebbe segreto, ma sono talmente schifato dal tutto che ve lo dico uguale: sinistra. Scelta appassionata seguendo le mie utopiche concezioni giovanili dello Stato.  Il frequentare poi le feste di sinistra, le autogestioni e le manifestazioni in piazza per me avevano tutte una grandissima importanza. Il collettivo che combatte per quello in cui professa. Il collettivo che lavora per il bene comune. La concezione di una società giusta in cui siamo tutti uguali. Una società in cui nessuno doveva invidiare niente a nessuno perché disponibile a tutti.  La mia passione si spinse però molto più profondamente a sinistra. Frequentavo la curva est, ed ero uno di quelli che urlava a squarciagola facendo il gesto delle manette “Berlusconi in Galera”, fulminando con gli occhi chi non seguiva il coro, e sperando di non aver vicino un accolito destroide.

Ero lo stesso che ai tempi dell’università frequentata a Roma litigava dialetticamente con i destroidi autoctoni del posto. Prendendoci insulti, ma guadagnando comunque il rispetto di chi combatte civilmente per le sue idee. Tenendo sempre alta la testa e nel cuore la mia passione rivoluzionaria. Mi piaceva essere un crociato per le mie idee. Anzi adoravo quando mi contraddivano. Mi piaceva dominare sul piano dialettico le conversazioni. Non perché quello che dicevano gli altri era ingiusto o meno accreditato. Solamente perché il fuoco della mia idea era talmente forte che al confronto le loro passioni erano fiamme di cerini. Ero un ragazzo di diciannove- vent’anni.

Sono passati nel frattempo otto anni strapieni dei più “stravaganti” eventi nella mia vita. Avete per caso una bussola? Mi sento un’ po smarrito. Tutti gli avvenimenti accaduti in questi anni mi hanno fatto ricredere. Non perché ci creda di meno. Ma perché mi sento rappresentato da persone non limpide, non oneste con me e con gli altri contribuenti ed elettori.

Non credo nella costituzione, in quanto credo sia un precetto ingannatore atto a chetare le masse con la sua miscela di catto-comunismo. (Saragat e co. perdonatemi, vi ho voluto bene come un nipotino). Non credo nella religione dei preti pedofili e del loro neo-potere temporale. Credo all’ideale della sinistra ma assolutamente rifiuto qualsiasi politicante o sindacalista. Dopo che ti hanno mignotteggiato il voto, se ne fottono. E per finire non credo neanche più nel calcio dopo gli avvenimenti di Calciopoli.

La verità è che siamo una generazione disorientata con falsi idoli e con impiantato il modello dei reality e del benessere in high definition.

Chiedo scusa a tutti quelli che si sono invece guadagnati il loro posto con sudore e fatica, ma che sono consci come me della politica anti-meritocratica posta in essere nel nostro paese. Forse sono stato solo presuntuoso a sparare a zero su tutti in quest’articolo, ho solo ventottanni e non me ne rendo conto della realtà e della difficoltà della vita, ma sono solo un ragazzo come tanti a cui hanno rubato un sogno. Il sogno di un’Italia giusta ed equa con tutti, un’Italia che il delinquente va in galera e sconta la pena, un’Italia senza tarantelle e fritti misti, un’Italia che mi renda orgoglioso e costituisca quindi per me un motivo di vanto.

Insomma a chi credere? L’unica cosa che mi viene da dire è di credere con tutto se stessi nelle proprie passioni e di gettarsi in questa passione come un’atleta fa con il proprio ostacolo. Credo nel non guardarsi indietro neanche per prendere la rincorsa e credo soprattutto nella frase finale che vi allego dal film “Il nemico alle porte”:

“L’uomo sarà sempre l’uomo, non esiste l’uomo nuovo. Con tanta fatica abbiamo provato a creare una società che fosse giusta, dove non ci fosse niente da invidiare al tuo compagno. Ma ci sarà sempre qualcosa da invidiare: un sorriso, un’amicizia, qualcosa che non hai e di cui ti vuoi appropiare. In questo mondo, perfino nel mondo sovietico, ci saranno sempre i ricchi e i poveri. Ricchi di talento, poveri di talento. Ricchi di amore, poveri di amore.”

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