Paura di farsi visitare dall’andrologo

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Un ragazzo su tre soffre di una patologia andrologica come il varicocele che può interferire con la sua sessualità o con il desiderio di diventare padre in futuro. Persino nel duemila, poi, tra i giovani studenti delle superiori il profilattico resta un «illustre sconosciuto» vista la scarsa informazione riguardo tutto ciò che è prevenzione sessuale. E, come se non bastasse, quando decidono di colmare le proprie lacune e chiedere lumi a qualcuno i ragazzi si rivolgono prima di tutto agli amici e, a seguire, cercano su internet, ritenendo queste due fonti affidabili tanto quanto il medico di famiglia. Sono gli esiti di un sondaggio presentato oggi a Milano in occasione dell’avvio della Campagna di Prevenzione Andrologica, appuntamento annuale della Società Italiana di Andrologia (Sia) che quest’anno si rinnova: la Campagna, rivolta a tutta la popolazione maschile, infatti, da settimanale diventa semestrale e, proprio per arrivare più vicina ai giovani, è rinforzata da un sito. Collegandosi, la popolazione maschile dai 18 anni in su potrà accedere ai recapiti utili per contattare i centri aderenti presso i quali sarà possibile sottoporsi ad una visita andrologica una volta al mese nell’ultima settimana di ciascun mese dalla fine di marzo fino al 30 settembre. La visita sarà effettuata dagli specialisti afferenti alla Sia presso centri pubblici o privati, il cui elenco sarà costantemente aggiornato e reperibile sulla pagina web.

PREVENZIONE DAI 18 ANNI IN POI – «La prevenzione non ha età e deve cominciare fin dalla prima adolescenza – dice Furio Pirozzi Farina, presidente Sia – e non va intesa come un episodio sporadico, ma deve diventare un concetto culturale radicato nei comportamenti abituali di giovani, adulti e anziani. E fondamentale cominciare dall’adolescenza perché è questa l’età in cui si sviluppano le prime problematiche sessuali che, se non vengono focalizzate in questa fase, più difficilmente possono essere affrontate, recuperate e risolte più avanti. Ma la prevenzione, da sola, non basta. È importante impostare anche uno stile di vita sano, legato a una corretta alimentazione e ad attività fisica regolare». Ecco perché i tempi della Campagna si sono allungati e, per coinvolgere i ragazzi, gli specialisti hanno deciso di sbarcare su web e social network. «L’idea della campagna – continua Pirozzi Farina – nasce da tre fondamentali esperienze della società: la prima correlata alle circa 100mila visite effettuate nelle scorse 11 edizioni, che hanno però visto una scarsa partecipazione degli under 20 (solo il due per cento); la seconda legata alle oltre 90mila visite di leva a 18enni esaminati negli anni 1990-2000 da ufficiali medici andrologi e soci della Sia; la terza deriva dalla recente esperienza di visite nelle scuole italiane effettuate dai nostri andrologi».

SOS RAGAZZI – Le visite gratuite eseguite nel biennio 2005-2007 su 10mila ragazzi delle scuole superiori in quattro regioni italiane (Toscana, Liguria, Emilia Romagna e Piemonte) hanno convinto gli specialisti della necessità di sensibilizzare i maschi più giovani attraverso web 2.0 e i social network, come facebook e twitter, canali di comunicazione privilegiati dalle nuove generazioni. «I dati raccolti – commenta Nicola Mondaini, dirigente medico dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze e coordinatore dell’iniziativa nelle scuole – hanno testimoniato che occorre investire ancora molto sull’informazione e la prevenzione. Abbiamo rilevato che un ragazzo su tre ha una patologia andrologica (come varicocele, pene curvo congenito, idrocele, o altre disfunzioni comuni) che nel 50 per cento dei casi possono interferire con la fertilità dell’individuo e nel 10 per cento con la sua sessualità». In diversi giovani, poi, circa in un ragazzo su 100, è stata rilevata la presenza di testicoli ridotti in volume, un segnale che merita indagini di secondo livello per individuare patologie come la sindrome di Klinefelter (che colpisce un maschio su 500 circa), caratterizzata da infertilità e su cui si può intervenire prima dei 20 anni. «Inoltre – prosegue Mondani – sono drammatici i dati sull’uso di droghe (ne fa uso il 40 per centgo degli intervistati) e alcol (80 per cento). Abitudini che oltre a essere dannose per la salute in generale, influiscono anche sulla funzionalità sessuale».

ANDROLOGO, CHI È COSTUI? – L’andrologo è lo specialista che studia la salute maschile, con particolare riferimento alle disfunzioni dell’apparato riproduttivo e urogenitale. Insomma, è la controparte del ginecologo. Può aiutare a prevenire disturbi molto comuni e spesso non gravi, se non vengono trascurati a lungo, e può curarli, sebbene troppo spesso gli uomini li sopportino in silenzio per non «confessarli». Parliamo di disfunzione erettile, infertilità, azoosperima (incapacità di produrre spermatozoi, originata da fattori di diversa natura) e varicocele (dilatazione dei vasi venosi che drenano il sangue del testicolo), incurvamento del pene, criptorchidismo (la mancata discesa del testicolo nel sacco scrotale), torsione del testicolo. I maschi, si sa, sono però poco predisposti a prendersi cura della propria salute, soprattutto se si tratta di affrontare disturbi che riguardano l’area genitale. Tanto che, anche fra i giovanissimi, sono già le ragazzine a informarsi per i propri compagni o a spingerli dal medico. «Dai sondaggi – continua Pirozzi Farina – è emerso un quadro più confortante rispetto al passato, ma non ancora soddisfacente. La figura dell’andrologo come medico di riferimento per il maschio è nota al 13 per cento degli interpellati (nel 2000 eravamo fermi al 4 per cento). E le visite all’interno delle scuole hanno avuto una partecipazione tra il 30 e il 40 per cento, più spiccata nelle scuole a prevalenza femminile, il che conferma il loro ruolo di “consigliere” verso i compagni maschi. E se le teenager vanno d’abitudine dal ginecologo, i loro coetanei hanno ancora una scarsa informazione sulla prevenzione sessuale. Ad esempio: se il 30 per cento dei ragazzi nelle prime classi superiori ha già avuto un rapporto sessuale, il profilattico è utilizzato con attenzione e sempre solo dal 35,3 per cento dei maschi; il 36,9 lo usa saltuariamente e ben il 27,7 per cento non lo utilizza mai. Peggio, in oltre il 90 per cento dei casi i maschi lo usano solo per evitare gravidanze indesiderate e soltanto il 6,7 per cento sa che è un mezzo di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili».

 

Fonte: Corriere della Sera

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