Politica e rifiuti, inceneritore Terni, inchiesta del Comitato: ”Appalto Aria spa, un affare bipartisan”

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inceneritoreAffari e politica, interessi economici e spartizioni clientelari. Tra le torbide vicende che emergono da un’indagine della magistratura romana su Eur spa e appalti capitolini, c’è n’è anche una che riguarda l’inceneritore di Terni. Il Comitato No Inceneritori Terni, in un’inchiesta-dossier dall’eloquente titolo “l’inceneritore di ACEA: un affare bipartisan. Caltagirone, i francesi, Alemanno e camerati, D’Alema. E Terni” riprende tale vicenda, la snocciola e la contestualizza. Emerge un filo diretto tra politica e business legato all’incenerimento dei rifiuti.

Indagine romana. L’indagine della procura di Roma ha preso le mosse da una presunta tangente da 500mila euro che sarebbe dovuta andare a Riccardo Mancini, amministratore delegato di Eur spa, per favorire un appalto relativo a 45 autobus per collegare la tratta Roma-Laurentina-Tor Pagnotta. Per favorire la commessa a Breda Menarinibus, Francesco Ceraudo (ad di Menarinibus) si sarebbe convinto a pagare, coinvolgendo anche un altro imprenditore. Da questa inchiesta gli inquirenti hanno poi imboccato anche altre strade, arrivando a mettere gli occhi su una vicenda che riguarda lo stesso Mancini, Acea e l’inceneritore ternano, in particolare l’appalto per il revamping di quest ultimo.

Revamping TerniEna. Come spiega il dossier del Comitato No Inceneritori Terni “nel 2010 ACEA per conto dell’allora TerniENA pubblica un bando per l’aggiudicazione dei lavori di revamping dell’inceneritore di Terni per un valore stimato di poco superiore ai 19 milioni di euro con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Arrivano due proposte. L’appalto viene aggiudicato per 16 milioni dalla IBI spa, società di Napoli, che gestisce diverse discariche e impianti in Campania e Sicilia, la quale però a fine 2010 viene colpita da interdittiva antimafia per una inchiesta in Sicilia per fatti relativi al 2003. ACEA quindi recede il contratto con tale società. Viene fatto un nuovo bando con una procedura negoziata senza previa indizione di gara (art. 221 D.Lgs. 163/2006) sempre con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e nell’ottobre 2011 l’appalto se lo aggiudica una Associazione Temporanea d’Impresa, la TERNI scarl in cui figurano diverse società: Intercantieri Vittadello Spa (capofila), LOTO Impianti srl, IGM Ambiente e SO.GE.RI. srl. Questa società consortile ha sede a Limena, Padova, presso la capofila”.

Nell’inchiesta il Comitato snocciola le vicende giudiziarie che vedono coinvolte le società che fanno parte di Terni scarl. Un articolo di Daniele Autieri di Repubblica pubblicato domenica focalizza l’attenzione “sulla SoGeRi, la società di cui Mancini è stato in passato amministratore unico”. Attualmente, spiega ancora Autieri, SoGeRi è “di proprietà di un’altra azienda, la Treerre spa di cui la maggioranza (60%) è nelle mani della Emis spa, un’azienda sconosciuta alle cronache ma preziosa per Riccardo Mancini che ne controlla il 99% (319.900 euro di capitale sui 320mila totali). Come insegna il gioco delle scatole cinesi, la gerarchia azionaria della Emis conduce fino alla SoGeRi, la società aggiudicatrice dell’appalto, che Mancini controlla per intermezzo delle altre aziende che fanno da filtro”.

“Il fatto – prosegue Autieri di Repubblica – è rilevante e svela l’intreccio di interessi attivato all’interno delle aziende controllate dal Comune che in questo caso vede l’uomo che nel 2008 sostenne la campagna elettorale di Alemanno (indagato per aver favorito a forza di tangenti la vendita dei filobus di Breda Menarini all’Atac) ottenere un appalto senza gara da 21 milioni di euro da un’azienda (Acea) controllata al 51% dal Comune di Roma”.

Comitato No Inceneritori. Per il Comitato “ciò che emerge è un chiaro intreccio di interessi tra politica ed economia. Del resto ACEA rimane una municipalizzata controllata al 51% dal Comune di Roma che ovviamente determina di volta in volta anche l’area politica maggioritaria in seno al CdA. Oggi la maggioranza dei Consiglieri, oltre a quelli direttamente legati o in quota del vero padrone Caltagirone, sono di area PdL; va da sé che la presenza di Riccardo Mancini con la sua SO.GE.RI. nell’appalto dell’inceneritore quindi potrebbe non essere così casuale e ci interroga. Non solo la sua amicizia di lunga data con Alemanno e i suoi decennali interessi nel mondo dei rifiuti, ma soprattutto il ruolo politico che ha assunto con la nomina ad Amministratore Delegato di EUR spa nel sistema di appalti di Roma Capitale, è ciò che per molti analisti e giornalisti lo ha reso il vero centro di gravità di molti affari portati avanti dalle varie società del Comune di Roma. L’inchiesta sull’appalto di Roma Metropolitane, in cui è coinvolta anche FinMECCANICA, ne è un chiaro esempio. A questo vogliamo aggiungere – prosegue il dossier del Comitato – che le altre due imprese non brillano certo di trasparenza. Una, la LOTO, diretta emanazione societaria della IGM Ambiente che da quaranta anni vince gli appalti per la gestione dei rifiuti a Siracusa, tanto da finire sotto la lente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Ciclo dei rifiuti nel 2009; l’altra, la Vittadello che sembra abbia utilizzato fanghi tossici per l’autostrada Carlo Felice in Sardegna anziché destinarli a smaltimento e per questo finita sotto inchiesta”.

Interrogativi ad Acea. Il Comitato chiede ad Acea di fare chiarezza. “A questo punto – scrive nel dossier – ci sembra legittimo e non pretestuoso porre qualche elemento di criticità e dubbio in forma di domanda. Quali sono le altre 3 società che hanno risposto all’invito di ACEA per l’appalto con la Procedura negoziata? Per quale motivo ha vinto la TERNI scarl che si è aggiudicata l’appalto per 21 milioni quando nel primo bando pubblico del 2010 l’offerta di ACEA prevedeva un tetto massimo inferiore di un paio di milioni e il criterio di aggiudicazione previsto fu sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa? Se la prima gara fu vinta per 16 milioni, quale massimo ribasso c’è stato nella seconda? Come è possibile poi affidare un appalto pubblico a imprese e individui su cui gravano inchieste giudiziarie per reati ambientali gravissimi o evidenti dubbi di trasparenza? E’ sufficiente il solo certificato antimafia o sarebbero opportuni criteri di maggiore e approfondita trasparenza e liceità? Basta una semplice riflessione: se alla IBI non fosse arrivata l’interdittiva antimafia oggi avremmo un’impresa in odore di mafia a Terni con molte indagini aperte. Peccato che proprio da quelle indagini è scaturita la sanzione”.

Interrogativi al Comune di Terni. Il Comitato rivolge delle domande anche al Comune di Terni: “I dati relativi all’appalto sono pubblici e pubblicati sul Bollettino Regionale dell’Osservatorio sugli appalti pubblici. Sono anche esposti su dei pannelli all’esterno dell’impianto. La Giunta comunale, il Sindaco, non sapevano nulla delle imprese coinvolte e dei personaggi citati? Se sì, anche per loro è sufficiente il solo certificato antimafia? Non pensate che oltre le normali procedure, a cui sicuramente vi sarete attenuti, sarebbe stato opportuno un controllo maggiore anche in virtù della centralità che la mobilitazione e il dibattito attorno all’incenerimento sta avendo in città nell’ultimo anno e mezzo? C’è forse un motivo di ‘scuderia’ per cui dall’attuale maggioranza e dai partiti dell’opposizione con rappresentanza nazionale, viste le aree di riferimento delle imprese presenti nell’appalto, sia arrivata la bocciatura dell’atto di indirizzo del Comitato e delle Associazioni? Oppure – conclude il Comitato – è meglio far finta di nulla tanto dopo le elezioni di maggio 2013 il Campidoglio tornerà (come sembra già scontato) al centrosinistra e quindi si ricambieranno tutti i posti di comando in ACEA e quindi anche in ARIA spa?”.

Qui l’inchiesta del Comitato No Inceneritori: https://docs.google.com/file/d/0B-zDK6fPzsubMmJFSkZmZ3BROVU/edit?pli=1

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