Presidio Prc davanti sede Confindustria: ”No a rifiuti bruciati in cementifici ed Ast, sì a differenziata”

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Prc rifiuti ConfindustriaIl Partito della Rifondazione Comunista si oppone all’ipotesi di bruciare rifiuti nei cementifici umbri e nelle acciaierie di Terni. Per manifestare la propria contrarietà a questa possibilità ventilata nei giorni scorsi in Regione, questa mattina una delegazione del Prc ha dato vita ad un presidio davanti alla sede di Confindustria Umbria (che per prima ha lanciato la “soluzione cementifici”).

Le ragioni sono spiegate in un dettagliato comunicato del Prc Terni:

“I dati presentati dall’Arpa, relativi al 2012 della raccolta differenziata nella nostra regione, dicono che si è raggiunto il 44% (contro una media nazionale del 35%), crescendo di un 6% rispetto al 2011. E’un dato insoddisfacente, ancora molto lontano da quel 65% che bisognava raggiungere, per legge, entro il 2012; con l’Alto Tevere sopra il 50% ed il ternano ancora inchiodato al 35% (per i due capoluoghi: Perugia al 54,2%, Terni al 41,9%).

Migliore la notizia delle 100mila tonnellate in meno di rifiuti prodotti, anche se essa è ascrivibile più alle conseguenze della crisi economica piuttosto che al risultato di efficaci politiche di riduzione della produzione dei rifiuti.

Questi dati dovrebbero spingere i nostri amministratori ad accelerare, con maggiore determinazione, per raggiungere l’obiettivo minimo del 65% il prima possibile, perseguendo la strada tracciata dalla strategia “Rifiuti Zero al 2020” (come previsto nel Dap, approvato ad inizio anno) e riscrivendo un nuovo Piano Regionale dei Rifiuti che escluda l’incenerimento, in linea con le scelte del nuovo Piano d’Ambito ternano.

Una soluzione che metterebbe fine alle scelte sbagliate del passato e che porrebbe l’Umbria in una posizione primaria sulle questioni ambientali, rilanciandone l’immagine di cuore verde d’Italia.

Ma il partito dell’incenerimento a tutti i costi non molla ed in quest’ultimo periodo, decisivo per scelte da compiere in Regione, rilancia riproponendo la soluzione dei cementifici, avanzata da tempo dalla Confindustria umbra, e questa ipotesi raccoglie, giorno dopo giorno, nuovi consensi.

Essa si basa sul semplice escamotage, escogitato dall’ex ministro dell’Ambiente(!) Clini: cambiare nome ai rifiuti. Da CDR (combustibile da rifiuto) a CSS (combustibile solido secondario) e, tramite decreto ministeriale, oltre agli inceneritori, ora anche i cementifici (centrali termoelettriche, fornaci, ecc.), possono bruciare rifiuti al posto (o in aggiunta) dei combustibili usati fino ad ora.

Non solo questo. I CSS, formati essenzialmente dalla frazione secca dell’indifferenziata (ma che possono contenere, tra l’altro, plastiche, gomme sintetiche non clorurate, pneumatici fuori uso -per alzarne il valore calorifico), cessano di essere rifiuti urbani e diventano rifiuti speciali e, come tali, possono varcare i confini regionali per essere bruciati in ogni impianto del territorio nazionale.

Queste le “misure verdi”, le “nuove alternative”, affermano, incredibilmente, l’Assessorato all’Ambiente ed Arpa regionale, attraverso le quali si può giungere a ridurre del 30% il consumo delle nostre discariche.

Si omette però di dire che, per produrre Css a norma, occorrono impianti a freddo che tolgano ogni traccia biologica dai rifiuti. Ed una volta che ci si è dotati (come è indispensabile comunque fare, nel più breve tempo possibile) di moderni impianti di Trattamento Meccanico Biologico, atti allo scopo, questi materiali trattati possono essere avviati a recupero (unendosi a quelli differenziati), invece che essere bruciati.

Solo per i pneumatici fuori uso, ad esempio, già oggi esiste, e lavora a pieno ritmo, un impianto di riciclo a Nera Montoro. E’ seguendo questi esempi che si recuperano importanti materie prime-seconde, si creano posti di lavoro e si rispettano le indicazioni europee che vietano di bruciare ogni tipo di rifiuto altrimenti recuperabile. Una soluzione senz’altro migliore, razionale ed ecologica, che riduce il ricorso alle discariche.

I cementifici, inoltre, sono impianti industriali altamente inquinanti, con e senza l’uso dei rifiuti come combustibile, ed i limiti di legge per le emissioni di questi impianti sono enormemente più permissivi e soggetti a deroghe rispetto a quelli degli inceneritori classici. I limiti di legge, infatti, sono: per le polveri totali: mg 30/Nmc nei cementifici contro i mg 10/Nmc degli inceneritori; per il biossido di zolfo: mg 600/Nmc nei primi, contro i mg 50/Nmc nei secondi e per quanto riguarda l’ossido di azoto, basta non superare mg 1.800/Nmc nei cementifici, mentre per gli inceneritori non si deve superare la soglia dei mg 200/Nmc. Per le diossine non risultano limiti nei cementifici.

Per bruciare i CSS, i cementieri (e chi con loro) non solo continueranno a non pagar dazio per i danni prodotti dalla loro attività, ma, oltre al risparmio sull’acquisto delle tradizionali materie prime, beneficeranno anche degli eco-incentivi della bolletta elettrica, pagati da noi contribuenti. Come a dire: dopo il danno pure la beffa.

Forti interessi economici, ancora una volta, sono la vera ragione della deregolamentazione che si va prefigurando.

Danno e beffa che, in città come Gubbio, Spoleto, solo per parlare dell’Umbria, sono particolarmente intollerabili, dal momento che nella prima si produce il 6% del cemento nazionale (con tutto quello che comporta in termini di impatto di trasporti, emissioni in atmosfera, ecc.) e nella seconda sono ben noti i problemi ambientali esistenti.

A Terni non ci sono cementifici, ma sembra che anche l’AST si sia offerta di bruciare i CSS. E bisogna tener presente che nella conca è tornato attivo, da pochi mesi, l’inceneritore Aria (ex Terni-Ena) che brucia pulper di cartiera e c’è il pericolo reale che anche il secondo inceneritore rimasto (ex Printer), venga riattivato.

A chi continua a pensare che l’alternativa sia solo tra incenerire e morire soffocati dai rifiuti, ricordiamo che esiste una terza via, reale, praticabile, a patto che si abbia la volontà politica di percorrerla. E’ quella impegnativa, tracciata dalla strategia “Rifiuti zero entro il 2020“. Una strada sottoscritta, solo a Terni, da oltre 6500 cittadini, comitati ed associazioni.

Non ci sono scorciatoie, come non c’è nessuna bacchetta magica per la chiusura del ciclo dei rifiuti. Bisogna dotarsi di moderni impianti T.M.B. per il recupero massimo del materiale dall’indifferenziato e promuovere poli del riciclo e del riuso per lavorare quanto estratto da quelle ricche miniere urbane che sono diventate le nostre città.

Un Piano Regionale dei Rifiuti del 2013 addirittura peggiore di quello del 2009 servirebbe solo ad interessi contrastanti con quelli generali della collettività”.

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