Riordino province, il Consiglio comunale di Terni: ”Occorre fase costituente per due enti con pari dignità”

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Occorre una nuova fase costituente che vada verso “la costruzione di un’ipotesi di riordino istituzionale che deve essere basata su due enti di area vasta come le province”: è quanto sostiene il Consiglio comunale di Terni che in questo modo vuole indicare la via, non per mantenere in vita un solo ente ma per salvare l’Umbria. Il consiglio, che si è riunito lunedì, ha approvato così all’unanimità un atto d’indirizzo la cui proposta era stata elaborata dalla conferenza dei presidenti dei gruppi e dall’ufficio di presidenza.

“Non è in discussione il mantenimento di qualche postazione istituzionale – è affermato nell’atto – ma in primo luogo la stessa organizzazione periferica dello Stato imperniata sullo status di città capoluogo di Provincia al fine di mantenere istituzioni territoriali e servizi ai cittadini e alle imprese fondamentali per la crescita, lo sviluppo e la competitività dell’intera Umbria, punti nevralgici riguardanti la tenuta, il controllo e lo sviluppo dell’intero sistema regionale”.

Il documento pone inoltre l’accento su alcuni dati di raffronto tra il territorio della provincia di Terni e quello della provincia di Perugia, soffermandosi in particolare sugli aspetti economici. “A fronte del peso della popolazione in percentuale (25% provincia di Terni 75% provincia di Perugia) si rileva per la Provincia di Terni: import 48% sul totale regionale (67% per quanto riguarda il settore manifatturiero); export 40% sul totale regionale (56% per quanto riguarda il settore manifatturiero); consumi energia elettrica 44% sul totale regionale (60% per quanto riguarda il settore manifatturiero); 93% di quota sul totale della produzione di energia da fonti rinnovabili”.

Il consiglio comunale invita dunque ad affrontare la questione del riordino “mettendo da parte elementi demagogici e concentrandosi sulla soluzione migliore per il futuro dell’Umbria” e chiede al sindaco di contribuire ad aprire un percorso “che preveda una nuova fase costituente dell’Umbria in grado di valorizzare, con pari dignità, tutte le municipalità”. In merito alla proposta di realizzazione di due enti di area vasta come le province, secondo il consiglio, “i territori che partendo dalla Provincia di Terni, lungo l’asse della Flaminia, sia in termini infrastrutturali che in termini di sviluppo economico e turistico, possono rappresentare un elemento di coesione interna e di grande apertura verso l’ esterno, anche in un’ottica di collaborazione spinta con territori extraregionali e dell’Italia mediana”.

“Pur nella ristrettezza dei tempi – continua il documento – si ritiene ineludibile un coinvolgimento pieno ed un’espressione chiara di volontà di tutte le istituzioni umbre, di tutte le forze politiche e associative”. Per questo il consiglio propone di procedere nei prossimi giorni ad una serie d’incontri istituzionali “per favorire la massima apertura e collaborazione della città”, con i parlamentari, il presidente e la giunta regionale, il presidente del consiglio regionale, i presidenti delle Province, i consigli e i gruppi provinciali, i sindaci ed i gruppi consiliari dei Comuni dell’Umbria, le organizzazioni sociali ed economiche.

Il primo degli incontri è previsto per lunedì prossimo a Foligno dove si terranno gli Stati generali delle autonomie locali umbre. L’iniziativa è stata promossa dal Consiglio delle autonomie locali dell’Umbria, proprio per vagliare le ipotesi di riordino delle province umbre. Gli Stati generali si apriranno alle 9, con un serie d’interventi affidati a Mario Tosti, Renato Covino, Sergio Sacchi e Mauro Volpi, per poi proseguire nel pomeriggio con gli interventi degli amministratori locali e infine concludersi, intorno alle 17, con l’intervento della presidente della giunta regionale, Catiuscia Marini. All’iniziativa partecipa anche il consiglio comunale di Terni, in seduta straordinaria.

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  • Alessandro

    Chissà se il sindaco di Spoleto, senpre in pole position sull’argomento, oggi ha ancora voglia di dire qualcosa…. perugia di qua, area vasta di la … unione intercomunale … e alla prima prova si sono presi due ceffoni dalla solita Foligno con la VUS … rinnegati anche da molti sindaci di quella Valnerina che aveva sempre visto Spoleto come suo naturale riferimento, ma ormai va dietro a Foligno (e di riflesso a Perugia)…

    Non so se se ne stanno rendendo conto .. (a Spoleto e a Terni) .. Foligno ha la sua provincia di riferimento “sostanziale” (anche se non ce l’ha marcata ufficialmente), fa il bello e il cattivo tempo, su sanità, servizi e quanto altro. Era evidente ai tempi della storia della terza provincia poi naufragata, è ancora più evidente oggi che sta approfittando della confusione istituzionale che si è creata tra nord e sud dell’umbria per fare bottino pieno. Non parla, non si sbilancia,  manda avanti i fanti (i comuni della valnerina e lo spoletino benedetti), marca il “suo” territorio (la favola del rafforzamento dell’area vasta) e intanto sotto sotto è pronta a intascarsi la seconda ASL regionale, a non cedere alcunché (ma voi ci credete che a Foligno vogliano venire con Terni anche se ce l’hanno con Perugia? suvvia … sperano che le province le cancellino tutte tanto la loro provinciuola virtuale su cui comandare ce l’hanno comunque..) aumentando il suo potere senza concedere alcunché.

    Cari ternani, se volete parlare a qualcuno andate a Spoleto e nei paesi della Valnerina, se c’è ancora qualcuno che vi ascolta, non perdete tempo ad andare a Foligno (a farvi ridere dietro).

    Ormai è chiaro a tutti, nel caso ce ne fosse stato bisogno, che non potrà mai esistere una provincia unica da Terni a Foligno, con Spoleto in mezzo.

    Se ancora esiste un’Umbria meridionale, questa da terni può arrivare al massimo a Spoleto, e semmai piegare alla Valnerina, spaccando il fronte virtuale (ma ahime reale) della Valle Umbra, tracciando una linea retta tra Foligno e Spoleto. E poi andando a dialogare con Rieti, che è stanca di Roma e del lazio, e con noi ha evidenti contiguità storiche, culturali, geografiche e… di viabilità.

    Se poi qualcuno ancora vuol scendere a patti con Foligno, si accomodi.  Terni e Spoleto inizino a guardarsi in faccia, e inizino entrambe a … recpuerare la Valnerina. Che Cascia e Norcia ieri a Spoleto glielo hanno messo in quel posto. E pensare che alle ultime elezioni a Cascia la lega aveva preso il 12% (segno di un grande isolamento e voglia di autonomia dal costituito da parte della popolazione ma … o anche li i sindaci dicono e fanno una cosa alla faccia della loro gente o… sono cambiati i tempi per tutti).

  • Andred

    passare da subalterni di Perugia a subalterni di Foligno cambia ben poco …i compremessi al ribasso per Terni sono altamente probabili.. ASL in primis…d’altronde è la nostra Provincia in pericolo non la loro…bisogna dire che la Lorenzetti ha fatto un lavorone…ha trasformato una città marginale in uno snodo (politico) inevitabile ..l’avessimo pure a Terni una persona che sappia valorizzare così la nostra città (che produce molto ma molto più di Foligno , pur con la crisi che morde)

    • Alessandro

      Che la nostra provincia è in pericolo, lo dice decreto governativo che cozza con la costituzione, e che altre amministrazioni provinciali destinate a fare la fine di Terni hanno già impugnato. Ma poiché i tempi sono strettissimi (tutto dovrebbe passare entro fine anno) e c’è già chi ha dato battaglia per impugnarlo (e non dimentichiamoci che a primavera prossima finisce la legislatura) ho più che qualche dubbio che alla fine qualcosa a livello di province cambierà davvero, e tutto finirà in una bolla di sapone. Allora, visto che ognuno pensa al proprio campanile, Terni pensi al proprio e alle sue prerogative, perché se sono veri i numeri che sono sciorinati in questo articolo, in cui il piccolo territorio della provincia di Terni, benché sia un quarto di quello regionale per superficie e popolazione, di fatto produce la metà del PIL umbro, Terni ha ancora (e più di molti altri) i numeri per far sentire la sua voce, e non scendere a compromessi al ribasso per salvare improbabilmente quella provincia che appare, legge alla mano, destinata a salvare a prescindere, senza elemosinare alcunché da nessuno.

      Quando la politica nazionale avrà le sfere per fare riforme ragionevoli ed eque, che con larga maggioranza di rango costituzionale, riuscirà a sfoderare una riforma onesta che decreti l’inutilità dell’ente provincia, stabilendo chiaramente come saranno ridistribuite le nuove funzioni tra regioni e comune, e sarà uguale per tutte le province, allora forse allora sparirà Terni, ma anche Perugia, Ancona, e tutte le altre province italiane. E allora tutti faranno un passo indietro, che sembra che qui lo sfascio italiano sia dovuto alle province, quando sono palesi gli sprechi a livello nazionale e regionale (lo stesso Corriere della Sera, dopo aver messo alla berlina le manovre di Terni e altri territori di mantenere la provincia, aveva scritto un articolo esauriente dove si dimostrava, cifre alla mano, che la crescita del debito italiano era para para agli sprechi accumulati dagli enti “Regione” in un quarantennio di sperperi e malgoverno. Allora non è giusto che Terni e altri territori facciano l’agnello sacrificale per altri che continuano a sprecare, sulla nostra testa e col nostro sudore. Terni città e il suo territorio, al di là dell’immobilismo politico locale che deve assumersi le proprie responsabilità (e nessuno gliele sconta) ha ancora i galloni per essere, alle condizioni attuali, capoluogo di provincia, più di tanti paesotti cresciuti, che scontanio migliori assetti istituzionali all’interno delle rispettive regioni. E allora calma e gesso, pugni sul tavolo, e palle fuori. Dovranno imventarsi qualcosa di più concreto di un decreto di Spending Review per tagliare Terni e altre province.

      Che poi tutti accusano Terni di manovre per conservare i suoi privilegi (quali poi, che Foligno senza provincia detta più di tante altre città capoluogo di provincia). Ci hanno pure provato i nostri politici a dialogare con altri territori, cercando un migliore assetto per tutti, anche a costo di rinunciare, nemmeno tanto velatamente, a importanti gestioni che pure ci spetterebbero di diritto (vedi ASL). Ma visto che tutti fanno i furbi e orecchie da mercante, è il caso che si inizia a farlo anche noi.

      Oggi a Spoleto si sono svegliati, e si sono accorti di qualcosa che succedeva alle loro spalle da un quindicennio. Liberi di non decidere, loro e altri territori umbri, cosa vogliono fare da grandi, e di vedere se c’è un modo per crescerre tutti insieme. Terni serri i suoi ranghi, mantenga la disponibilità al dialogo con qualunque territorio su basi serie e non passibili di ricatti, che sia Spoleto, che sia la valnerina, che sia in un futuro prossimo Rieti. E’ tempo di agire, ancora non si è perso nulla, nonostante tutti puntino al catastrofismo più nero. E’ sintomatico che la politica regionale, quanto e più di quella ternana, si sia resa conto che senza una Terni forte, e foriera di spinte centrifughe, crolla il castello di carte dell’Umbria (oh, ma la magnifica università di Perugia, che sembrava la Oxford italiana, è così indietro, 400 posizioni dietro la vituperata Sapienza di Roma, e ha perso tutte quelle migliaia di iscritti). Gli si sta stringendo il culo a Perugia e dintorni, chi amministra si sta rendendo conto che i numeri grandi dell’Umbria, nonostante la crisi e l’inefficienza locale, stanno a Terni, ne a Perugia ne a Foligno. Avanti a tutta, e non facciamoci condizionare da chi in un momento di stizza ci vorrebbe far sentire poco e indegni di essere umbri, l’umbria abbiamo contribuito a costruirla noi e sono ancora i nostri numeri che la tengono in piedi. Non ci cacceranno via e non ce ne andremo, sarà battaglia senza quartiere, e se da queste esperienze ci libereremo da certi condizionamenti politici del passato, guardando di più e valorizzando alle vocazioni del nostro territorio e stringendo patti sinceri con i territori limitrofi, non ne esceremo indeboliti ma forse rafforzati, dopo un quarantennio di autoisolamento. 

      Ultimamente ho letto troppi commenti scorati, e anche giustamente incazzati (anche io lo sono e molto) che hanno portato molti a dire che Terni deve perdere la provincia (per farsi amministrare da Perugia, come se loro non noleggiassero le auto e usassero umbria Mobilità..loro si che dovrebbero usarla visto gli sprechi del minimetrò che vogliono scaricare su noi umbri), ma queste conclusioni autolesionistiche mirate a togliere la già scarsa indipendenza del nostro territorio a favore di altri che ci hanno spogliato, non gioca al caso nostro.

      Dopo la lettura contraddittoria che ha dato il Ministro Patroni Giffi alla questione province, è chiaro più che mai che è tutta una barzelletta. Vedremo chi riderà alla fine.

      • Andred

        spero proprio che la tua analisi sia quella giusta. I commentatori di alcuni gionali locali parlano di fine già segnata e di rinascita sotto altre forme (le Unioni di Comuni) delle Province , con l’effetto contrario a quello che si voleva ottenere. Addirittura leggo su un quotidiano regionale che “a forza di accarezzare Terni si provocherà l’ira di Perugia” …se anche fosse si arrabbiassero pure. Ogni tanto toccherà pure a loro, no?

        • Alessandro

           Andred … che la formula scelta per l’abolizione parziale delle province è incostituzionale non lo dico io, lo sancisce la costituzione, che prevede che ogni modifica del dettato costituzionale avvenga con norme di pari rango (costituzionali appunto, non certo con leggi ordinarie o decreti convertiti in legge), prevedendo peraltro una proceduta “aggravata” proprio per l’importanza che tali modifiche comportano. Ciò è disciplinato da un preciso articolo della costituzione. Ed è un processo che richeide tempo, perché devono intercorrere almeno tre mesi tra la prima e la seconda votazione di ciascuna delle due camere.

          Che la strada scelta dal governo per la spending review riguardo l’abolizione delle province sia strettissima … lo dice il tempo. Entro fine anno deve essere fatto tutto (le singole regioni devono mandare le loro proposte al governo, poi questo le esamina e si pronuncia) … a metà 2013 ci sono le elezioni politiche. Di qua non si scappa. E vorrei far notare che noi stiamo discutendo di Umbria ma … ci sono regioni (toscana) dove la situazione è più intricata (resta solo Firenze!). Si stanno creando situazioni paradossali in giro per l’italia, a dimostrazione che il principio di base (eliminare delle partizioni territoriali senza tener conto delle specificità dei territori) è fatto con i piedi e contiene grandi contraddizioni (oltre che disparità in se). Ci sono province che hanno già depositato il proprio ricorso senza nemmeno andare a discutere se e come è possibile un riequilibrio.

          Poi i giornali locali e i commentatori, registrano un po’ gli umori (e talvolta li orientano), facendo (non dico sempre ma qualche volta si) anche delle battaglie funzionali al loro scopo. Però io dico solo una cosa: si è visto dall’intervista al ministro a Terni che già al livello governativo non è ancora chiaro come si dovrà procedere. Io non penso che tutta questa storia andrà in porto, e lo stesso fatto che ad un certo punto sia uscita l’idea del ruiordino, girando alle regioni la patata bollente di elaborare e proporre soluzioni, più che un rispetto nei confronti dei territori (peraltro anche qui con contraddizione perché quando si è visto che andavano in giro idee di accorpamenti da altre province è uscita fuori l’interpretazione che vale la fotografia del 20 luglio ..) lo leggo come un modo per evitare il più possibile ostacoli e/o eventuali ricorsi. Noi diamo la libertà a voi di proporre come organizzarvi, dopodiché la responsabilità è vostra che non avete trovato la giusta formula.

          Poi quando il ministro ha risposto “ma non è automatico che l’abolizione delle province comporti l’abolizione delle prefetture e degli altri uffici periferici dello Stato” .. che vuol dire? Che non è automatico ma non è automatico nemmeno il contrario, ovvero non si sono presi la briga di come pensare alla successiva riarticolazione, intanto sforbiciamo poi vediamo. Le classiche soluzioni all’italiana senza capo ne coda, che anziché ridurre la spesa rischiano di moltiplicarla peggiornado i servizi e i presidi.  Come fanno .. ogni regione decide per se? Fino a prova contraria le partizioni territoriali dello Stato (Questura, Prefettura, Camera Commercio, ecc ecc ecc) sono organizzati su base “provinciale”, anche qui ci sono apposite leggi. Poi ci sono gli uffici distaccati. A me non interessa il nome della Questura (Perugia, Terni, umbria, roma) interessa da cittadino però capire se la quantità/qualità dei presidi rimarrà la stessa o no.

          Che poi su questa questione, anche per lo spauracchio si siano intavolati discorsi (tanto finché non c’è pericolodi qualcosa qui non si muove foglia) su  eventuali ipotesi di riordino lo trovo proficuo, anche se il livello complessivo dei dibattiti e delle reazioni dimsotra ancora una volta che .. stiamo parlando di aria fritta.