Sgominata cellula di Hezbollah turca a Terni. Kebab per finanziare terrorismo

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Nove arresti, 47 perquisizioni e 30 denunce. Per smantellare un’associazione criminale legata all’organizzazione terroristica “Hezbollah turca”, la polizia di Terni ha impiegato oltre 150 uomini. Le laboriose indagini, coordinate dal sostituto procuratore Elisabetta Massini, hanno consentito di far emergere  una ramificata associazione per delinquere, con base operativa a Terni la cui principale attività era quella di favorire l’ingresso irregolare in Europa di connazionali clandestini da impiegare e sfruttare nell’ambito del fiorente mercato della ristorazione etnica. I proventi dei punti vendita di kebab erano dirottati in Turchia e finivano nella rete di organizzazioni terroristiche curde.

I vertici dell’associazione arrestati sono cittadini turchi, tutti riconducibili a “Hezbollah turca”, con precedenti penali per reati commessi in Italia, Europa e Turchia in materia di terrorismo, armi, droga e immigrazione. Gestivano in diverse regioni esercizi di vendita di Kebab ed avevano regolarizzato la loro posizione in Italia, avendo ottenuto in  modo fraudolento il riconoscimento di rifugiati politici.

Trafficanti di uomini e documenti falsi. Proprio attraverso la prospettiva della regolarizzazione, mediante l’abuso dello strumento dell’asilo politico, l’organizzazione favoriva l’ingresso in Italia di numerosi connazionali (più di cinquanta i casi già emersi) attraverso diversi sistemi: il pagamento dei trafficanti di esseri umani (che trasportavano emigranti con navi e tir), i passaporti di servizio, i visti di breve durata (turismo o affari), la falsificazione dei visti di ingresso, la sostituzione di persona, i matrimoni simulati. I turchi giunti irregolarmente in Italia, alcuni dei quali destinati ad altri paesi europei, ottenevano completo supporto da parte dell’organizzazione che forniva vitto, alloggio e occupazione.

E’ stato accertato nel corso dell’indagine che oltre 50 cittadini curdi, riconducibili alla Hezbollah turca hanno ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria grazie a dichiarazioni “fotocopia” ideologicamente false, accompagnate da documentazione contraffatta (tessere di partiti politici, mandati di cattura, certificati medici attestanti esiti inesistenti di ferite da tortura). Il riconoscimento dell’asilo politico, o della protezione umanitaria, ha consentito a tali cittadini curdi non solo la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, ma anche di sottrarsi al rischio di estradizione in altri paesi dove avrebbero dovuto scontare pene definitive per gravi reati.

Monopolio dei kebab. La costante ricerca di personaggi di etnia curda, ideologicamente affini, da far giungere illegalmente in Italia ed Europa e munire di permesso di soggiorno, era funzionale a reperire lavoratori dei kebab, moltiplicati sul territorio e unica fonte economica di sostentamento per le persone e per l’associazione. Avevano instaurato un monopolio a circuito chiuso, gestito unicamente da soggetti di etnia curda, affini per origini geografiche, ideologie politiche e religiose. I soldi ricavati dall’intera filiera del kebab, dalla lavorazione delle carni, alla distribuzione all’ingrosso, sino alla vendita al dettaglio, erano sistematicamente diretti alla Turchia per sostenere la causa curda.

Corruzione di pubblici ufficiali italiani. I vertici dell’organizzazione hanno dimostrato profonda conoscenza delle procedure necessarie per ottenere fraudolentemente autorizzazioni, permessi e licenze e si sono dimostrati ben introdotti anche in alcuni settori della pubblica amministrazione potendo contare su di una fitta rete di conoscenze ed amicizie. Significativi i casi dei falsi certificati medici attestanti esiti di ferite da arma fuoco e torture. Anche acquisto di abilitazioni per la conduzione di pubblici esercizi (ex R.E.C.) e certificati HACPP (ex tessere sanitarie) erano ottenute corrompendo pubblici ufficiali.

Tale “modus operandi”, ispirato al generale ricorso alle procedure illecite aveva determinato il convincimento, più volte espresso dai vertici dell’associazione, secondo cui “in Italia come in Turchia, pagando, è possibile avere tutto…”.

Blitz della polizia in Centro e Nord Italia. L’operazione di polizia, che è tuttora in corso in sette regioni d’Italia e che vede impegnate le digos di Terni, Roma, L’Aquila, Modena, Milano, Trieste, Como, Venezia, Latina e Viterbo, ha condotto all’arresto di sei cittadini turchi considerati a capo dell’organizzazione per delinquere: A.S. di 37 anni, U.F. 43enne, E.V. 38enne, A.M. 31enne; A.I. di 32 anni, K.M. 53enne. In manette anche una donna italiana, B.S. di 46 anni, responsabile di avere consentito fraudolentemente e per fini di lucro il rilascio a cittadini stranieri di abilitazioni per la conduzione di esercizi pubblici. Ai domiciliari due ucraine, K.M. di 30 anni e O.L. 31enne, responsabili di concorso in reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Nel corso della medesima operazione di polizia sono state indagate in stato di libertà altre 30 persone,  responsabili a vario titolo di reati che vanno dall’associazione per delinquere, al favoreggiamento dell’immigrazione, al falso documentale, tra di esse anche un avvocato del foro di Terni.

Sono in corso tuttora, in tutto il Centro Nord  Italia, circa 50 perquisizioni domiciliari, disposte dalla Procura di Terni nei confronti di cittadini turchi e presso le sedi delle principali associazioni curde, finalizzate al rinvenimento di cose o documenti utili a supportare le tesi investigative.

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