Terni, caso Radio Galileo, Melasecche: ”Intreccio vergognoso di parenti e compari”

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Enrico MelaseccheDuro attacco del consigliere comunale Enrico Melasecche sulla vicenda dei finanziamenti pubblici (oltre 3,6 milioni di euro) percepiti da Radio Galileo, emersa nel 2012 e che nei giorni scorsi ha avuto importanti sviluppi. Come è noto, è infatti intervenuta la Corte dei conti che, ritenendo quei soldi indebiti, ha accusato 13 persone, tra cui il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, il deputato Pd Walter Verini e il segretario provinciale Pd (ex parlamentare) Carlo Emanuele Trappolino. Inoltre la guardia di finanza avrebbe segnalato la questione alla Procura della Repubblica.

Ora Melasecche ricorda le sue prese di posizione di maggio 2012 (dopo che un articolo del Corriere della Sera aveva portato alla luce quel finanziamento pubblico), si augura che la giustizia faccia il proprio corso e chiede al sindaco Di Girolamo di dimettersi. Il consigliere comunale ritiene che dietro al finanziamento pubblico a Radio Galileo ci sia “un vergognoso intreccio di parenti e compari i merende” che hanno creato un “marchingegno truffaldino”.

Il comunicato di Enrico Melasecche:

“Quella che oltre due anni fa chiamai “una vera e propria truffa” allo Stato oggi prende consistenza di indagine giudiziaria. C’è da augurarsi che non finisca tutto, come accaduto in questi anni, con l’ennesima prescrizione in cui sono finite indagini come quella sulla COSEA, sulla famigerata “Associazione Eventi Valentiniani”, sui terreni assegnati amicalmente a prezzo politico (Picchio Siro e Edilstart) senza gara dal Comune agli amici degli amici o con banali patteggiamenti in questa coltre di nebbia alla diossina in cui vive da troppi anni la nostra città.

Se la giustizia fa il suo corso a Milano, a Genova, a Torino, a Napoli, a Roma, a Palermo, a Catania, a Taranto, oggi anche a Perugia, non si comprende perchè non faccia altrettanto a Terni.

Questa mattina presento la stessa interrogazione del 25 maggio 2012 perchè i tempi sono maturi che si discuta in un consiglio straordinario, al più presto, ai sensi del regolamento comunale, consiglio che chiedemmo all’epoca ma con una Presidenza del Consiglio fin troppo parziale mai ci fu concesso di esercitare questo nostro diritto. Una violenza sottile che non potrà ripetersi, pena manifestazioni durissime di protesta.

A chiunque legga quanto fu scritto all’epoca, a chiunque legga i nomi di quello strano “club per 10 soci” costituito oltre che da Di Girolamo, peraltro in palese conflitto di interessi, dal padroncino di quella TV commerciale, dai figli, dalla moglie, da altri soci con le relative mogli, comprende all’istante quale gioco d’azzardo costoro hanno messo in piedi ai danni dei cittadini inermi costretti a pagare imposte asfissianti mentre loro hanno drenato dallo Stato qualcosa come 7 miliardi e 300 milioni di vecchie lire per “gestire” quella impresa favorita in tutti i modi rispetto a quelle analoghe anche locali costrette a vivere una vita dura in un mercato in crisi per tutti. Una cifra mostruosa costruita artatamente con il gioco delle tre carte del rimborso spese, inesistenti in quei termini, di una radio inesistente, affiancata artatamente ad una TV e ad una radio commerciali che, nonostante tale fiume di danaro, ha riservato ad alcuni lavoratori trattamenti non proprio di riguardo.

Chiediamo:

1)- la fissazione di un consiglio straordinario in base al regolamento perchè il caso merita chiarimenti ineludibili da parte del sindaco;

2)- le dimissioni del sindaco perché, al di là degli aspetti giudiziari, sia contabili che inerenti eventuali reati, la vicenda in sé è palesemente indice di un'”etica bulimica e padrona” che i cittadini non accettano più, stanchi di furbizie, di appropriazioni in tutti i modi possibili di danaro pubblico, di intrecci familistici di cui il cerchio magico di cui Di Girolamo è garante è ancora protagonista;

3)- la rinuncia a qualsiasi prescrizione da parte di tutti gli interessati alla vicenda nel caso in cui dovessero essere indagati ed eventualmente rinviati a giudizio anche dalla magistratura ordinaria;

4)- la costituzione di parte civile, per decenza istituzionale, a differenza del comportamento vergognoso di questi anni, in qualsiasi giudizio che interessi pubblici amministratori del Comune, compreso lo stesso sindaco nel caso di rinvio a giudizio dello stesso per le indagini in corso.

Tornando alla natura di quella strana sigla “cittAperta” rileggo ed invito a rileggere le dichiarazioni di Giorgio Aquilini che in una lista dal nome analogo fu eletto ed esercitò le funzioni di capogruppo per qualche anno. Dichiarò candidamente che nulla c’entrava lui con quella organizzazione e, nonostante la mezza smentita, palesemente forzata di qualche giorno dopo, emerge comunque che tale lista, nata peraltro vari anni dopo la creazione di quel marchingegno “truffaldino”, riproposta in questa tornata elettorale, è cosa avulsa da quegli interessi, dalle famiglie, dai legami affaristici che contraddistinguono molti di quei “soci”. Conoscendo Giorgio Aquilini e la sua onestà intellettuale, nonostante le pressioni che deve aver subito, non avevamo dubbi in proposito”.

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