Terni, tubercolosi in aumento, convenzione per sorveglianza sanitaria migranti

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malattie infettive ospedale terniA Terni aumentano i casi di migranti con tubercolosi. Anche per questo, e per controllare la situazione delle malattie infettive e della situazione generale, l’azienda ospedaliera Terni ha rinnovato anche per l’anno 2017 il protocollo operativo “Asilo”, che coinvolge la clinica di Malattie Infettive, diretta dalla professoressa Daniela Francisci, nella sorveglianza sanitaria dei migranti richiedenti asilo e protezione internazionale (non clandestini).

Il progetto è nato 10 anni fa su istanza del Comune di Terni e delle Associazioni di volontariato, costituitesi come ente gestore del progetto rifugiati e richiedenti asilo, e promosso dall’alto commissariato delle Nazioni Unite e dall’Anci.

Spiega la professoressa Daniela Francisci: “La finalità del protocollo è di attivare una serie di indagini di screening infettivologico allo scopo di individuare eventuali malattie infettive che possano assumere rilevanza sanitaria pubblica quali la tubercolosi, l’infezione da HIV, epatiti virali, malattie sessualmente trasmesse e parassitosi intestinali”.

La dottoressa Cinzia Di Giuli, la referente del progetto e personalmente impegnata nel percorso di screening, afferma: “I soggetti richiedenti asilo provengono da aree endemiche per alcune malattie infettive. Dal momento del loro arrivo in Italia, pur essendo in prevalenza giovani maschi apparentemente sani, possono sviluppare, per le condizioni di disagio e di fragilità in cui vengono a trovarsi, malattie quali la tubercolosi, che possono manifestarsi clinicamente quando ormai sono altamente contagiose. Alcune infezioni quali HIV o epatiti croniche hanno un andamento subdolo e di lunga durata nel tempo, per cui oltre ad una possibilità di contagio per i conviventi nello stesso centro di accoglienza si rischia anche di intervenire quando la malattia è ormai in stadio avanzato e ridotte sono dunque le possibilità di successo terapeutico”.

Dall’inizio del progetto sono stati esaminati (visita ambulatoriale e prelievi ematici) 320 soggetti, con numeri di anno in anno sempre maggiori partendo dai pochi casi del 2007  fino a circa 60/70 casi per anno nell’ultimo triennio, e con un aumento della presenza di soggetti minori. Dall’analisi dei dati emerge che si tratta in prevalenza di giovani maschi (80%) generalmente sani provenienti dall’Africa sub sahariana, anche se negli ultimi anni si è visto un aumento di soggetti provenienti dal Medio Oriente, alcuni dei quali portatori di disagio psichico da trauma bellico. Basse e stabili le percentuali di infezione da HIV (3%) e di epatite cronica HBV (4%), mentre si riscontra un aumento di positività al test Mantoux (per la tubercolosi) nei soggetti giunti in Italia negli ultimi due anni (dall’inizio del 2017 quasi il 40%), compresi però quei pazienti positivi al test ma non ammalati, che sono stati tutti tempestivamente sottoposti a profilassi.

“I dati – afferma la professoressa Francisci – non sono allarmanti riflettono la prevalenza del paese di origine e sono in linea con i dati nazionali, ma fanno capire quanto sia importante per tutta la comunità una sorveglianza attiva e stringente come quella che portiamo avanti con il progetto Asilo, per il monitoraggio e l’intervento precoce a favore della tutela della salute di tutti”.

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