Terni, veglia di Pentecoste: “Costruttori di misericordia, ciascuno con la propria vocazione”

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PiemonteseToccanti testimonianze di fede e speranza hanno arricchito la veglia di Pentecoste che si è svolta ieri sera in Cattedrale, presieduta dal vescovo Monsignor Piemontese, alla quale hanno partecipato numerosi fedeli dei vari movimenti ecclesiali, associazioni, parrocchie, in segno di unione e di preghiera comune per accogliere la misericordia del Padre attraverso i doni dello Spirito, perché la Pentecoste sia seme di accoglienza e fraternità.

La prima è stata quella di don Sandro Castellani, divenuto sacerdote a 50 anni, dopo una laurea in biologia e una vita passata a lavorare per diverse aziende ternane. L’altra è stata quella di una nonna e membro del centro volontari della sofferenza, che ha vissuto in prima persona la sofferenza per la perdita della figlia ma da questo ha saputo trarre semi di speranza, prendendosi cura dei nipoti anche a seguito della disoccupazione del padre. Ed infine quella di un gruppo della comunità parrocchiale di Borgo Rivo che ha accolto e adottato quattro profughe siriane con le loro figlie, dando aiuto con un contributo mensile per l’affitto e le altre necessità, ma soprattutto ricreando un vero ambiente familiare ormai perso da tempo.

Lampade Pentcoste “Tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici. Il primo sacramento, quello che suggella per sempre la nostra identità, e di cui dovremmo essere sempre orgogliosi, è il battesimo – ha detto il vescovo monsignor Piemontese nel concludere la veglia -. Ci fa bene ricordare che la Chiesa non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi, ma che tutti formiamo il Santo Popolo fedele di Dio. In questo Anno Santo stiamo camminando sulla strada della comunione e della missione nel segno della misericordia. Ognuno per la vocazione e il carisma proprio siamo operosi nel costruire la comunione e nel dare l’apporto per partecipare alla missione di annunzio del Vangelo. Come pastori, uniti al nostro popolo, ci fa bene domandarci come stiamo stimolando e promuovendo la carità e la fraternità, il desiderio del bene, della verità e della giustizia. Come facciamo a far sì che la corruzione non si annidi nei nostri cuori”.

Vivere da cristiani nella società è segno di inculturazione “è imparare – ha sottolineato il presule – a scoprire come una determinata porzione del popolo di oggi, nel qui e ora della storia, vive, celebra e annuncia la propria fede. Con un’identità particolare e in base ai problemi che deve affrontare, come pure con tutti i motivi che ha per rallegrarsi. L’inculturazione è un lavoro artigianale e non una fabbrica per la produzione in serie di processi che si dedicherebbero a “fabbricare mondi o spazi cristiani”.La veglia è stata s scandita anche dalla benedizione iniziale del fuoco, dall’ascolto della parola di Dio, da canti e invocazioni allo Spirito Santo  e dall’accensione di sette lampade di diverso colore.

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