Ast, le proposte della politica locale: cabina di regia e intervento del Governo Renzi

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Palazzo Spada 3La politica locale continua a manifestare tutta la propria contrarietà nei confronti del piano industriale che Thyssenkrupp ha presentato per Ast. Oggi arrivano gli interventi del consigliere comunale, eletto nella lista civica I Love Terni, Enrico Melasecche, quello del capogruppo in Comune del Movimento 5 Stelle, Thomas De Luca, quello del consigliere, eletto nella lista di Sel, Silvano Ricci, quello del consigliere di centrodestra Paolo Crescimbeni, quello di CasaPound, quello di Terni Città Futura, quello di Leo Venturi del movimento Terni Oltre e quello del Partito della rifondazione comunista.

Melasecche chiede l’istituzione di una cabina di regia per affrontare la vertenza con la multinazionale tedesca, De Luca parla di una lotta impari in cui è necessario fare fronte e coinvolgere il Governo comune e Ricci chiede l’intervento del Governo. Anche Crescimbeni ritiene che il Governo Renzi debba prendere in mano la situazione magari “per il reperimento di acquirenti credibili sul mercato internazionale”. CasaPound propone la nazionalizzazione di Ast mentre Terni Città Futura chiede al sindaco di interpellare direttamente Matteo Renzi. Anche per Leo Venturi l’unico che può avere voce in capitolo è il presidente del Consiglio. Per il Prc di Terni “la ripubblicizzazione è l’unica alternativa”.

MELASECCHE Il comunicato di Enrico Melasecche: “Il licenziamento di Pucci, pochi giorni dopo la sua riconferma, il piano di disinvestimenti industriali comunicato, anticamera di un’agonia progettata altrove, il tentativo pervicace di non far partecipare al tavolo nazionale i sindacati, la logica strisciante di una riduzione sistematica di posti di lavoro, dai 350 persi con il trasferimento del magnetico ad oggi, impongono una determinazione ed una lucidità uniche.

Occorre organizzare una cabina di regia Sindacati/Istituzioni/ Associazioni di categoria che strutturi tutta una serie di azioni e manifestazioni a cominciare dalla convocazione di un consiglio comunale straordinario all’interno delle acciaierie, ovviamente coordinato con i sindacati e le RSU perchè fin dalle prime battute il Governo e la Tyssen Krupp sappiano che la vertenza Terni costituisce una delle principali vertenze nazionali, non solo umbre, non solo cittadine.

Non bastano più solo gli scioperi, che andranno supportati da un fondo cui è giusto che tutti volontariamente contribuiscano, non bastano le manifestazioni in piazza, occorre pensare a tecniche articolate ma altrettanto e forse più incisive affinchè da un progetto di smantellamento si passi ad un vero e serio piano industriale di rilancio dell’azienda.

Non esistono alternative al futuro della città perché è vero che occorre diversificare, attrarre investimenti, far crescere stare up per dare lavoro alle migliaia di giovani e meno giovani disoccupato o sottoccupati (e su questo forse non è stato fatto molto), soggetti che mai le acciaierei potranno più assumere, ma la difesa ad oltranza di quella che non era e non è ancora solo una “fabbrica”, come qualcuno inopportunamente continua a definirla, ma un’azienda complessa e completa, decide il presente ed il futuro di Terni, dell’Umbria, di uno dei settori più importanti del manifatturiero del Paese”.

DE LUCA Il comunicato di Thomas De Luca: “Il piano industriale per le acciaierie ternane presentato ieri dalla ThyssenKrupp alle istituzioni italiane e ai sindacati mette una chiara ipoteca sul destino del polo siderurgico ternano nei prossimi anni. ThyssenKrupp deve fare marcia indietro. Il Governo deve assumersi delle precise responsabilità ed esigere che venga redatto un nuovo piano affinché la ristrutturazione dell’azienda non passi attraverso il depotenziamento del sito e la perdita di posti di lavoro.

Un impegno concreto del Governo è l’unica strada per rimettere in discussione tutto questo. Dopo l’esperienza fallimentare del patto di territorio, la sfida con cui siamo chiamati a misurarci è quella di sviluppare soluzioni che permettano alla nostra città di essere competitiva, per la creazione di un terreno favorevole alla nascita e alla sopravvivenza di tutte le imprese, non solo dell’AST.

Rimuovere gli ostacoli infrastrutturali, il costo dell’energia ma anche la mala politica che impedisce lo sviluppo, indirizzando però il percorso verso un nuovo paradigma che non può non tener conto dei costi sociali e ambientali.

Nei prossimi mesi ci troveremo a dover affrontare un momento che non ha precedenti nella storia recente: un’onda devastante ha ferito la nostra città colpendo ogni settore economico e produttivo, con un’innumerevole quantità di crisi aperte, dalle piccole e medie imprese fino ad arrivare al cuore industriale della città. Non possiamo però combattere questa battaglia guardando solo a noi stessi: se lo faremo avremo perso prima di iniziare. Ogni ternano è un lavoratore dell’AST, ogni ternano è un lavoratore del polo chimico, ogni ternano è un artigiano o un commerciante che si vede costretto a chiudere la sua impresa costruita con tanti sacrifici. Ogni ternano vive su di sé l’angoscia di quelle centinaia di famiglie che da ieri rischiano di vedere interrotto un progetto di vita, una speranza di futuro. Dobbiamo essere compatti e difendere la nostra città con ogni mezzo democratico e non violento.

E’ una lotta impari che – di fronte ad una multinazionale che appare lontana e distante – ci vede quasi inermi e privi della nostra sovranità ormai svenduta.

Tutto questo però non deve lasciare spazio alla rassegnazione. Se è vero che le nostre acciaierie sono state il fulcro dello sviluppo della storia recente, è anche vero che quella fabbrica ha un debito nei confronti di tutti i ternani. Ecco perché dobbiamo lottare per difendere ciò che ci appartiene”.

RICCI Il consigliere comunale eletto nella lista di Sel, Silvano Ricci, intervenendo con una nota sulla vicenda dell’Ast, giudica “inaccettabile e irricevibile” il piano industriale presentato ieri da Thyssenkrupp. “Chiediamo rispetto per la città e per la tradizione industriale dell’Italia”, scrive Ricci che aggiunge: “Il nostro Paese non può restare fuori dalla produzione dell’acciaio: si tratta di un caso non locale, ma europeo e su questo piano il Governo Renzi deve far sentire la propria voce in modo forte e chiaro, chiedendo anche il rispetto degli impegni ai quali la Commissione Antitrust aveva vincolato il passaggio di Acciai Speciali Terni a Thyssen Krupp nell’ultimo atto della lunga vicenda della vendita richiesta proprio dall’Unione Europea”. Ricci, infine, mette in guardia sul rischio di allarme sociale in città, se la vertenza dovesse continuare nei termini di “muro contro muro” e di “vera e propria provocazione”.

CRESCIMBENI Per il consigliere comunale di centrodestra, Paolo Crescimbeni, “Terni sta dando prova di grande responsabilità ma anche di grande capacità di mobilitazione. Non è questo il momento di dire ciò che non è stato fatto e chi non lo ha fatto, lo sanno tutti perfettamente. Si può solo aggiungere che chi non è stato all’altezza del proprio ruolo deve farsi subito da parte per non creare altri danni. Tuttavia è questo il momento della coesione generale e della mobilitazione ma anche della fredda analisi ,dello studio e della proposta”.

Prosegue Crescimbeni: “In sintesi: nel piano industriale non ci sono investimenti per ricerca ed innovazione, presupposti ineludibili per garantire competitività, quindi un futuro per le acciaierie ternane. Non c’è una strategia di aggressione del mercato globale e neppure di utilizzo appieno delle capacità commerciali di Tk. L’intera regione Umbria viene colpita da questa logica distruttiva e tutto il sistema italia della produzione acciaio rischia dolorosi contraccolpi”.

“Il governo nazionale – scrive ancora Crescimbeni – come lo è stato in occasioni consimili, deve essere protagonista di questa vicenda, in primis realizzando in tempi record le infrastrutture di approvvigionamento energetico viarie e ferroviarie da tempo promesse e mai realizzate, contemporaneamente cooperando in modo attivo, come sa fare quando lo vuol fare, per il reperimento di acquirenti credibili sul mercato internazionale, preferibilmente in concorso con una cordata di imprenditori italiani. Il governo Renzi rispedisca i licenziamenti al mittente con il garbo e la determinazione dovuti affinché non siano i ternani e gli umbri a rispedirli con minor garbo e maggiore determinazione”.

striscione cpCASAPOUND CasaPound Terni ha affisso degli striscioni davanti alle aziende Ast, Isrim, Fabbrica d’Armi e Tubificio che recitano “L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”. Un gesto “per esprimere la vicinanza dell’associazione ai lavoratori delle aziende ternane in grave difficoltà ed a rischio chiusura”.

“In seguito alle preoccupanti notizie inerenti gli esuberi in alcune aziende che rappresentano il cuore pulsante della nostra città, come il piano industriale della Ast presentato ieri che prevede 550 esuberi e la mutilazione di parte delle attività produttive – afferma Piergiorgio Bonomi, responsabile di Cpi Terni – abbiamo voluto ricordare a chi troppo spesso cita la Costituzione riferendosi alle sole disposizioni transitorie Mancino Scelba, che nel suo primo punto si afferma chiaramente che il lavoro è un diritto. Rivendichiamo quindi questo diritto, scagliandoci contro una politica ternana incapace di prendere accordi di rilievo, e non di convenienza, con quei sindacati che hanno accettato la svendita totale ai privati dei nostri beni e delle nostre eccellenze, dando praticamente carta bianca ai proprietari di licenziare centinaia di operai”.

“Dal canto nostro – aggiunge Bonomi – ribadiamo quello che già avevamo proposto nel nostro programma per le comunali, ovvero la nazionalizzazione delle acciaierie, così come altre aziende rilevanti, per almeno un 30 %, nonché la socializzazione dell’Ast, così da dare la possibilità agli operai di entrare nel consiglio di amministrazione dell’azienda, dividere gli utili aziendali ed avere potere decisionale nelle sue scelte direttive. CasaPound Italia non lascerà morire le nostre aziende, non lascerà smantellare la nostra storia, pertanto annunciamo fin d’ora la convocazione di un’incontro con sindacati e lavoratori, alla presenza di un Euro Parlamentare che porterà il grido disperato dei lavoratori ternani sul tavolo d’Europa”.

TERNI CITTA’ FUTURA Il movimento politico Terni Città Futura scrive in una nota: “Oggi siamo tutti più preoccupati per il generale futuro di questa nostra città. Perché da sempre legato nel bene e nel male alla sua grande fabbrica. Un piano industriale che umilia la nostra comunità; un bombardamento tedesco sui capannoni italiani di Viale Brin; in una guerra internazionale dove le decisioni vengono prese altrove.

Oggi si prende coscienza delle intenzioni della proprietà teutonica di procedere ad un progressivo ed ineluttabile smantellamento di uno stabilimento strategico perché necessario ai loro propri interessi; la loro reale volontà è sotto gli occhi della città tutta e di una classe dirigente che finora si è comportata come ‘la Bella Addormentata nel Bosco’.

Si tratta di una fine annunciata che in fondo abbiamo sempre scongiurato e forse negato anche a noi stessi. Poco sono serviti in questi anni cortei di solidarietà o serrate cittadine, mentre nulla si faceva in impegni e realizzazioni concrete a servizio dell’industria .

La politica locale di fronte a questa progressiva opera di smantellamento è rimasta ferma ed inerme, lasciandosi portar via pezzo dopo pezzo la propria storia, le proprie conoscenze e qualità; mai nessun serio ostacolo è stato frapposto a questo depauperamento, nessuna seria politica economica e di recupero infrastrutturale è stata mai messa in campo.

Quelle che dovevano essere le opere di supporto alla crescita industriale, ovvero le infrastrutture ferroviarie e stradali, aspettano ancora di essere completate; la nostra è una città industriale che ancora dopo mezzo secolo aspetta ancora un collegamento con il porto più vicino, quella Civitavecchia che sarebbe dovuta essere da sempre l’appendice del maggior polo produttivo dell’Italia Centrale.

Quel polo industriale che nel frattempo non esiste più: il Polo Chimico è stato cannibalizzato e l’Ast è intrappolata in giochi di potere planetari di cui la città è solo vittima.

Si è permesso che un assetto strategico del nostro paese, la produzione siderurgica, venisse trasformato in un mero ‘stipendificio’, che la nostra industria pesante venisse prima smembrata e poi venduta pezzo per pezzo smantellando l’Iri, cedendo in blocco stabilimenti e brevetti, regalando strutture, manovalanza specializzata e know-how,; tutti elementi di cui il privato ha fatto un uso meramente speculativo, smontando e spostando pezzi, come per la produzione di lamierino magnetico di cui la città ha dovuto subire la perdita senza alcun tipo di reale contropartita.

Oggi la sfida è rimettere la produzione di beni e materiali innovativi al centro del sistema economico nazionale, scegliere in maniera chiara e netta se si vuole far recuperare al Paese un ruolo nel settore dell’industria pesante, altrimenti se l’Italia sceglierà di rinunciare ad un ulteriore settore strategico il destino di Terni e di tutta la siderurgia italiana sarà inesorabilmente segnato.

Si deve mettere in discussione il senso stesso dell’attuale sistema economico nazionale, salvare l’Ast sarà impresa impossibile se lo Stato Italiano non recupererà il suo ruolo di tutela degli interessi strategici nazionali. In questo caso si dovrà risarcire i territori come il nostro, del grande sacrificio fatto in termini di devastazione, di inquinamento, di morti sul lavoro e di malattie professionali.

Chiediamo che il Governo nazionale assuma impegni seri e guardando la città negli occhi ci dica che cosa vuole fare per il futuro di Terni, di questa realtà sopraffatta dalla potenza economica di una grande fabbrica che ha monopolizzato il tessuto produttivo locale e che se destinata alla chiusura lascerebbe dietro di se solo il disastro sociale ed ambientale.

E’ per questo che occorre seriamente richiamare la responsabilità del governo nazionale; il Sindaco chiami il Presidente Renzi a Terni, si avvalga di quella vicinanza politica tante volte sbandierata in campagna elettorale.

Nel frattempo noi a Terni resteremo uniti in questa battaglia della città…per la classe politica locale e per le istituzioni il gravoso impegno di dimostrare di essere all’altezza della drammaticità della situazione, difendere la dignità di una comunità’ che ha dato molto alla sua fabbrica; per cittadini la mobilitazione e la presa di coscienza che il dramma dei lavoratori Ast è il dramma di tutta la città”.

VENTURI Leo Venturi di Terni Oltre scrive in una nota: “Dopo mesi di attesa non proprio incolpevole l’esito ‘annunciato’ è stato formalmente comunicato alla città: oltre 500 esuberi e il taglio della produzione. ‘Irricevibile’, così la proposta è stata accolta dalle istituzione ma il solo affermarlo non basta, nè cambia il quadro della situazione, quasi a voler chiudere la stalla dopo che i buoi sono usciti. Mai come in questa fase occorre realismo e onestà politica e intellettuale: bisogna dire con forza e chiarezza che non ci sono alternative in grado di salvare il sito ternano se non quella di far uscire la vicenda dai confini locali e farla diventare l’emblema della difesa del settore industriale del Paese.

L’unico modo per rendere percorribile questa strada è mandare un forte segnale alla Thyssen e al Governo tedesco. Le forze politico-istituzionali di Terni e dell’Umbria devono immediatamente trasmettere un formale invito al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi di visitare il sito produttivo ternano e di incontrare la città per ribadire inequivocabilmente, anche a costo di mettere in discussione il ‘feeling’ che sembra intercorrere tra la cancelliera Merkel e il Governo italiano, che il piano industriale di ridimensionamento produttivo non è accettabile, come non lo è la politica della Thyssen che tende ad indebolire l’AST a vantaggio delle produzioni tedesche. La difesa dell’industria italiana nel contesto europeo passa inevitabilmente attraverso la salvaguardia di un sito strategico e competitivo quale quello ternano. La vertenza non può essere giocata a livelli istituzionali e sindacali locali ma deve essere oggetto di un confronto tra i capi di governo della Germania e dell’Italia.

Tenuto inoltre conto dell’intenzione ormai conclamata della Thyssen di abbandonare la produzione dell’inox, potrebbe essere preferibile l’immediata messa sul mercato dell’azienda nella sua interezza, prima che ne sia ridotta e mortificata la capacità produttiva. Terni ha già perso la chimica, perdere anche l’acciaieria e con essa più di duemila posti di lavoro significa decretarne la morte; ma se Terni muore è destinata a morire l’intera Umbria e con essa una parte del Paese.

Se le istituzioni locali e regionali, le forze sociali e le comunità non sono in grado di cogliere tali obiettivi devono rassegnarsi a un rapido declino del settore industriale della nostra città senza nascondersi dietro ulteriori inutili attese che rischiano di produrre effetti ancor più devastanti in quanto non consentono di impegnarsi consapevolmente a trovare soluzioni alternative di sviluppo.

TerniOltre si impegna a sostenere tutte le iniziative che vanno nelle direzioni richiamate esprimendo solidarietà e vicinanza a tutti i lavoratori chiamati a difendere il proprio posto di lavoro e il proprio futuro”.

PRC TERNI Il Prc di Terni in una nota scrive: “Il risultato dell’incontro al Ministero conferma le peggiori previsioni per il futuro della siderurgia ternana. I tanti tuoni di questi anni, colpevolmente sottovalutati dal governo, si sono trasformati adesso in una tempesta. La volontà della multinazionale tedesca di porre fine all’AST quale impianto a ciclo integrato di produzione dell’acciaio, con la chiusura dell’area a caldo nel prossimo futuro e il licenziamento di oltre cinquecento lavoratori, va inequivocabilmente respinta. E’ ormai urgente la costruzione di un fronte largo a difesa del lavoro e della dignità del nostro territorio, a partire dalla mobilitazione annunciata domani dai sindacati alla quale Rifondazione Comunista aderisce convintamente. Non solo va rifiutato il piano di dismissione progressiva delle acciaierie, ma occorre adesso avanzare l’unica controproposta in grado di garantire produzione e occupazione, senza lasciare indietro nessuno: quella della ripubblicizzazione dell’acciaieria. Terni non deve morire”.

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