Estorsione e false fatture, sequestrati titoli per 600mila euro a imprenditore coinvolto nel suicidio Boninsegni

Emissione di fatture false ed estorsione. Con queste accuse la guardia di finanza di Terni ha denunciato un imprenditore di 55 anni, Gianni Rossi, a cui sono state di conseguenze sequestrate circa 600 mila euro di partecipazioni societarie. L’uomo era stato coinvolto l’estate scorsa nell’indagine per istigazione al suicidio del commercialista ternano Gianluca Boninsegni: patteggiò una condanna a due anni e otto mesi di reclusione. Proprio da quella indagine hanno poi preso il via gli accertamenti della finanza.

Secondo le fiamme gialle Rossi, rappresentante di caffè e altre merci di ristorazione e socio di almeno una decina di aziende del settore, minacciava i clienti che si trovavano in difficoltà economiche di non consentire loro più dilazioni di pagamenti delle forniture oppure di azionare immediatamente la riscossione di cambiali o ancora di richiedere la restituzione di prestiti concessi dietro la minaccia di non fornire più prodotti. In cambio l’uomo – sempre secondo la ricostruzione dei finanzieri – estorceva denaro e utilità.

In un caso Rossi – secondo l’accusa – ha costretto una delle vittime a costituire una nuova società in cui è poi subentrato come socio per impossessarsi di tutti gli incassi realizzati e diventare titolare di tutta la società senza corrispondere nulla agli altri soci. In una decina di casi avrebbe costretto titolari delle attività in difficoltà ad emettere fatture false – per un importo complessivo accertato di oltre 700 mila in tre anni – beneficiandone fiscalmente su altre società a lui riconducibili. Alcuni dei documenti ritenuti falsi venivano emessi dallo stesso imprenditore, che secondo gli investigatori si faceva consegnare la contabilità delle società.

I finanzieri hanno accertato inoltre che l’imprenditore, avendo la maggioranza delle quote di una società, minacciava di cedere a terzi l’attività di bar la cui gestione era in capo agli altri soci. Questi ultimi, in difficoltà economica, per evitare di perdere l’unica fonte di reddito erano costretti – sempre in base alla ricostruzione accusatoria – a corrispondergli delle somme in nero, a gestire l’attività del bar senza percepire la quota di utili e a non vedersi riconoscere le quote previdenziali con un profitto per l’indagato di oltre 50 mila euro.

All’uomo la finanza ha sequestrato denaro depositato sui conti bancari per circa 260 mila euro e titoli, obbligazioni e azioni per 340 mila euro, oltre a partecipazioni societarie di una srl.

Stampa