Furto reperti archeologici industriali, il centro studi Malfatti: ”Grave mancanza del Comune”

A circa due settimane dal furto di reperti archeologici industriale presso i fabbricati della ex-carburo di Papigno, non si placano gli animi. Dopo le dichiarazioni rilasciate dal presidente di Italia Nostra, Andrea Liberati, e del suo vice, Giuseppe Cassio, questa volta a parlare in merito a quanto accaduto, che ha creato scalpore tra la cittadinanza ternana, è il direttore del centro studi politici e sociali “F.M. Malfatti”, Emanuele Pettorossi: “Non è certo nostra intenzione soffiare sul fuoco delle notizie riguardanti i furti di reperti archeologici e di macchinari e materiali di archeologia industriale presso i capannoni di Papigno. Seppure, come già evidenziato nei giorni scorsi, a una settimana dal furto, i cui autori sono stati identificati dai carabinieri della stazione di Papigno, il comune di Terni non aveva provveduto alla chiusura dei cancelli. Un dubbio mi agita la mente: a quando risale l’ultimo inventario da parte del Comune, e di conseguenza quanto è dettagliato l’elenco degli oggetti rubati negli ultimi tempi?”.

Il direttore prosegue sottolineando la leggerezza con cui Palazzo Spada ha gestito il patrimonio archeologico, chiedendosi ad oggi perchè non si sia trovato il responsabile di questa enorma leggerezza, dimostrata dall’incompentenza nel preservare un così alto valore storico per la città e non solo: “Certo lasciare un patrimonio pubblico di tale valore, economico e culturale, non ben custodito, anzi accessibile a chiunque, fa supporre se non una colpa almeno una grave leggerezza, da parte del Comune. Tale colpa in questo caso non è imputabile al sindaco e all’assessore competente, in quanto il loro compito è di dare un indirizzo politico alla macchina amministrativa comunale, ma a chi ha la responsabilità di quel patrimonio. Anche in questo caso non può bastare come discolpa un non sapevo, non sapevo cosa firmavo, non sapevo cosa c’era…non sapevo, sempre non sapevo. Questi ‘non sapevo’ ci costano troppo cari, in termini di stipendi mensili e di perdita di patrimonio pubblico. La revisione della spesa – conclude Pettorossi – può legittimamente passare per questi accertamenti di responsabilità, traendone le dovute conseguenze, soprattutto là dove si accertasse un ripetuto verificarsi di fatti che dimostrano una scarsa o inesistente attitudine a dirigere un settore della pubblica amministrazione”.

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