Ospedale di Terni, primario indagato insieme ad altri 4 medici: onorari non versati e falsi ricoveri

Ricevute non emesse, soldi spettanti all’azienda ospedaliera trattenuti per se, falsi ricoveri per far saltare ai propri pazienti le liste d’attesa ed evitar loro il pagamento dei ticket. Un primario e altri quattro medici “complici” dell’ospedale di Terni sono stati denunciati per peculato e falso ideologico. Tutti e cinque hanno ricevuto gli avvisi di garanzia dalla Procura della Repubblica a conclusione di un’indagine condotta dalla guardia di finanza.

Secondo le fiamme gialle, per anni il primario, con la complicità degli altri quattro medici dello stesso reparto, ha sfruttato a proprio vantaggio il regime dell’intramoenia, ovvero la pratica consentita ai medici dipendenti dell’ospedale di erogare prestazioni private fuori dal proprio orario di lavoro, utilizzando strutture ambulatoriali e diagnostiche della struttura sanitaria pubblica.

Il primario in questione, nella sua qualità di dipendente della citata azienda ospedaliera – in regime di “rapporto esclusivo” – svolgeva attività libero-professionale intramuraria ma, per gli inquirenti, dopo aver riscosso gli onorari per le visite eseguite all’interno della struttura ospedaliera, non rilasciava fatture e ometteva di versare i relativi corrispettivi dovuti. Lo stesso accadeva quando il primario effettuava visite domiciliari. Anche in questi casi, dopo aver riscosso gli onorari percepiti per le visite, non rilasciava alcuna ricevuta fiscale e non effettuava le previste comunicazioni all’azienda ospedaliera omettendo così di versare i relativi corrispettivi dovuti.

I pazienti potevano godere di un trattamento speciale: saltare le liste di attesa per gli accertamenti in ospedale ed evitare il pagamento del ticket. Spiegano infatti le fiamme gialle che il primario redigeva cartelle cliniche attestando falsamente la necessità di ricoveri urgenti per pazienti che, a ben vedere, non presentavano patologie tali da giustificare un simile trattamento, coinvolgendo nel reato di falsità ideologica quattro medici dipendenti dello stesso reparto i quali, in concorso tra di loro, firmavano false schede di ricoveri e dismissioni. Con questo sistema il paziente evitava i lunghi tempi delle liste di attesa dell’ospedale ed il pagamento del ticket, che restava totalmente a carico del servizio sanitario nazionale mentre il medico, dopo aver riscosso gli onorari per le visite private eseguite all’interno della struttura ospedaliera non emetteva ai pazienti alcuna ricevuta e contemporaneamente non versava all’azienda i corrispettivi previsti dal regime di intramoenia, pari al 15% della tariffa.

Per gli inquirenti si è trattato di una gestione assolutamente privatistica della struttura pubblica. Gli accertamenti dei finanzieri sono tutt’ora in corso anche per quantificare il danno erariale complessivo “considerata la molteplicità di episodi illeciti commessi negli anni”.

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