Polo chimico Terni, lettera aperta di Rc: ”Riprendiamoci ciò che è nostro, espropriamo Basell”

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polo chimico TerniLa trattativa con Basell per l’acquisizione di aree necessarie al rilancio del polo chimico ternano non sembra trovare svolte positive. Agli incontri tra sindacati, istituzioni e rappresentanti della multinazionale, sono sempre seguiti silenzi e nulla di fatto. Nemmeno l’ultimatum lanciato dal Governo lo scorso marzo ha portato risultati. Ora Rifondazione Comunista di Terni chiede con forza l’esproprio delle aree.

In una lettera aperta, Rc ripercorre criticamente le tappe che stanno portando alla morte il polo chimico e con essa la perdita di posti di lavoro. Per questo viene fatto appello all’articolo 42 della Costituzione italiana che prevede l’esproprio per motivi di interesse generale. Nel caso specifico, afferma Rc, l’interesse generale da tutelare è il lavoro. Viene anche citato un precedente: “La vicenda dello Iutificio Centurini, occupato nel 1970 dai lavoratori ed espropriato su iniziativa dell’allora Sindaco di Terni, Dante Sotgiu, dimostra la percorribilità di questa via”.

Questa la lettera aperta di Rifondazione Comunista di Terni:

“La storia è ormai nota a tutti. Nel mese di febbraio del 2010, malgrado un utile di bilancio di diversi milioni di euro, si ha l’annuncio da parte della multinazionale Basell della chiusura dell’impianto di Terni. Lo stabilimento è parte fondamentale del polo chimico ternano in quanto fornitore del materiale base per le altre produzioni, e la sua chiusura innesca una reazione a catena, che sconvolge gli assetti determinatisi dopo lo “spacchettamento” della ex Polymer e la vendita delle varie unità produttive ad una serie di aziende italiane e multinazionali estere.

Ad una ad una entrano in crisi tutte le aziende del polo chimico: la Meraklon, la cui vecchia proprietà è adesso sotto processo per associazione a delinquere finalizzata, tra le altre cose, all’appropriazione indebita e alla truffa allo Stato; la Treofan, su cui pesa, come per Meraklon, la perdita dell’approvvigionamento di polipropilene da parte di Basell; la centrale elettrica della Edison, strettamente dipendente dalle attività delle aziende del polo chimico. Di questo passo la stessa Novamont, e con essa la speranza della riconversione industriale e della realizzazione del polo della chimica verde, potrebbe lasciare per sempre la nostra città.

La chiusura di Basell ha messo a nudo il vero volto della svendita del patrimonio industriale italiano, di cui hanno beneficiato, sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie, avventurieri ed opportunisti di ogni tipo, indisponibili a rischiare alcunché al di fuori dei posti di lavoro degli operai e pronti a fare le valigie di fronte all’aggravarsi della crisi. Al danno subito dai lavoratori si è aggiunta la beffa con cui il Tribunale di Terni, nel marzo scorso, ha dichiarato inammissibile la loro costituzione come parte civile nei confronti di Fiorletta, ex proprietario di Meraklon, e dei suoi collaboratori.

Una situazione di fronte alla quale le Istituzioni si sono dimostrate impotenti quando, a ben vedere, impotenti non erano e non sono.

Sono ormai tre anni che si è aperta la crisi della chimica ternana: una crisi che si riduce, in ultimo, all’impossibilità per chiunque di disporre dei quaranta ettari di terreno all’interno del polo chimico di proprietà della Basell, di rilanciare le produzioni e di garantire in questo modo lavoro e progresso.

La Basell, dimostratasi non solo indisponibile alla vendita delle proprie aree, ma persino all’interlocuzione e al confronto con altri operatori economici e con le istituzioni locali e nazionali, sta di fatto tenendo sotto ricatto un intero territorio, ponendosi in manifesto contrasto con l’interesse collettivo e con l’articolo 41 della nostra Costituzione, secondo il quale la libera iniziativa privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Possiamo accettare, come liberi cittadini di uno Stato repubblicano e democratico, che il lavoro, i diritti e la dignità di centinaia di persone e delle loro famiglie siano cancellati dall’arbitrio, dal profitto, dall’indifferenza di una multinazionale, persona giuridica che la globalizzazione neoliberista fa prevalere sulle persone in carne ed ossa?

L’articolo 42 della Costituzione afferma che “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Una previsione, quella della nostra Carta Costituzionale, che va alla base della vertenza del polo chimico ternano, la cui positiva risoluzione è motivo d’interesse generale, che solo può essere garantito assicurando l’acquisizione delle aree di proprietà della Basell, al fine del rilancio produttivo, economico ed occupazionale del Polo stesso. La vicenda dello Iutificio Centurini, occupato nel 1970 dai lavoratori ed espropriato su iniziativa dell’allora Sindaco di Terni, Dante Sotgiu, dimostra la percorribilità di questa via per rimediare alla condotta di società che, al pari della Basell oggi, si dimostrano totalmente disinteressate alle sorti delle produzioni e dei lavoratori.

Un’iniziativa unitaria delle Istituzioni locali, della Regione, dei lavoratori e delle loro rappresentanze, per risolvere positivamente la vertenza, è dunque possibile e necessaria; un’iniziativa che chiami anche il Governo nazionale a svolgere il proprio ruolo per imporre alla multinazionale di liberare le aree di sua proprietà, permettendo alla nostra comunità di riappropriarsi di ciò che le spetta di diritto e di difendere quel bene comune che si chiama lavoro. Non si tratta di sovvertire le regole, bensì di farle rispettare ed applicarle. È ora di espropriare la Basell”.

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