Scopre di avere sindrome di Behcet, banche e istituzioni gli tolgono tutto: la storia del ternano Stefano

Una passione per le moto che coltivava fin da quando aveva 17 anni. Man a mano che passavano i giorni le sue mani si specializzavano sempre di più fino ad arrivare a diventare un esperto nella riparazione delle due ruote. Gavetta ne ha fatta tanta fino a quando non ha deciso di mettersi in proprio e tirare su un officina meccanica tutta sua accollandosi le numerose spese che comporta un’impresa propria. Con il passare del tempo però ha iniziato ad accusare problemi di salute a cui sono seguite numerose visite mediche per determinare cosa avesse e alla fine, la triste sentenza: affetto dalla sindrome di Behcet. Dalla diagnosi è iniziato il calvario per il ternano Stefano di 36 anni che a distanza di anni da quel tragico verdetto ha perso tutto, officina e lavoro. E’ rimasto sul lastrico ed ha visto andare in frantumi tutti i sogni che pian piano stava realizzando, non solo a causa della malattia, ma anche delle istituzioni che per lui hanno rappresentato un ulteriore ostacolo. Una storia amara quella riportata dal Corriere dell’Umbria.

Stefano ha cercato di lottare fino in fondo contro la malattia ma, nel 2008, la sindrome ha preso il sopravvento. “Una malattia che è stata una condanna per il mio lavoro – racconta Stefano al Corriere dell’Umbria – almeno all’inizio. Una malattia autoimmune che attacca i muscoli e i nervi”. In quell’anno Stefano è rimasto in ospedale per le cure quasi tutto l’anno costringendolo a stare lontano dalla sua piccola creatura, da quel sogno che aveva coltivato da quando era adolescente. Lì è iniziato la lenta discesa verso il baratro con i primi problemi finanziari che si presentavano insieme all’abbandono e l’emarginazione da parte della società e delle istituzioni.

“Dovevo finire di pagare il mutuo della mia officina, 35 mila euro. Avevo comprato le mura, il mio progetto imprenditoriale era chiaro e prevedeva l’essere proprietario di tutto, ma nell’anno di permanenza in ospedale, nessuno è stato al mio fianco, neanche le associazioni di categoria. La banca non mi ha concesso la rinegoziazione del mutuo ma io non mi sono perso d’animo e pur di mantenere in vita il mio progetto lavorativo ho venduto tutto ciò che avevo, macchina compresa. Purtroppo non è bastato”. Da lì è iniziato il lungo calvario che dura ancora oggi. “In un attimo sono stato bollato come cattivo pagatore, raggiunto da Equitalia e buttato sul lastrico. Vivo senza lavoro e senza pensione d’invalidità. Tutto questo grazie all’ospedale, all’Inps e a chi gestisce le categorie protette. Da quando ho scoperto la malattia nessuno si è degnato di farmi lavorare e l’Inps, inoltre, mi ha riconosciuto solamente un’invalidità del 68%. Ho fatto decine di colloqui, tutti inutili. C’è sempre stata una porta chiusa in faccia”.

Per questo motivo, ora, Stefano è in causa con l’Inps. Inoltre, a causa della sua malattia e l’essere allergico ai medicinali che gli avevano prescritto, è costretto a fare la spola tra Siena e Roma per sottoporsi ad una cura sperimentale con tutti i costi che ne susseguono. Ma, nonostante ciò, Stefano e sua moglie continuano ad andare avanti lottando fino all’ultimo, anche contro le istituzioni che lo hanno abbandonato nello stato in cui si trova.

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