Terni, associazioni ambientaliste: “Le piante muoiono per mancanza d’acqua”

Strage di alberi a Terni. Non solo piante comuni ai margini della strada, ma anche quelle rare e di pregio di due giardini pensili. Piante che si erano meritate dei servizi sulle riviste specializzate e che oggi, a causa dell’incuria e della malagestione, si sono seccate. La denuncia è delle associazioni ambientaliste che spiegano in dettaglio – e lo mostrano con le foto – quali effetti abbia prodotto l’incapacità di gestire il verde pubblico.

Il comunicato congiunto di Giuseppe Cassio, vicepresidente di Italia Nostra Terni, Laura Chiari Bartolocci, presidente di Garden Club Terni, e Amos Macinanti, presidente di WWF Terni:

“Più cemento, meno verde. Un macabro slogan comicamente entrato nell’immaginario di tanti ternani, nella città in cui si tagliano più alberi di quanti se ne piantano. Il consumo sfrenato del suolo ha gradualmente privato ognuno del diritto di abitare in una città a misura d’uomo. Se il centro è ormai saturo di cemento adesso tocca alle ‘periferie urbane’ di sironiana memoria, che cedono gli ultimi terreni disponibili per consentire affari edilizi, oggi dall’incerto esito, a scapito di cittadini che di tutto hanno bisogno, fuorché di altri inutili scatoloni commerciali. Eppure mentre alcuni quartieri soffrono della mancanza di spazi verdi adeguati, quelli esistenti sono nondimeno avviliti da scarsa manutenzione e degrado.

E che dire del paradosso più clamoroso, quello che ruota intorno all’identità di Terni come ‘città delle acque’? Cediamo non solo milioni di euro per enormi speculazioni sull’idroelettrico, ma lasciamo pure a secco gli impianti di irrigazione, puntualmente bloccati nei periodi estivi. La mancanza d’acqua ha dato così il colpo di grazia a due giardini pensili finiti nelle migliori riviste del settore, in primis il Giardino di Via della Rinascita. Progettato nel 1998 per rappresentare un vero e proprio orto botanico di pregio nel cuore della città, il giardino accoglieva un migliaio di piante acquistate con ingente spesa di denaro pubblico. Spiace constatare che nell’arco di una decade quanti erano stati chiamati a tutelare e mantenere intatta la bellezza di tali opere abbiano maltrattato e lasciato morire diverse piante nonostante ripetuti appelli agli uffici preposti.

Per la mancanza d’acqua quindi non vedremo più molte piante rare e di pregio: un esemplare unico di «Rosa gigantea» da venti metri di altezza, che si arrampicava su un cedro del libano ricoprendolo di fiori e una «Caesalpina sepiaria» da collezione che rivestiva un muro di cemento tanto da arrampicarsi sulle canfore adiacenti regalando una fiorita spettacolare, entrambe recise addirittura alla base. Una «Clematis Armandii» che rivestiva più di 30 metri di cancellata, anche questa segata alla base, quando invece, essendo una pianta rustica, non aveva bisogno di potatura. Non vedremo più una collezione di oltre cinquanta tipi di felci, di cui alcune rarissime come la «Diksonia» antartica (totalmente decespugliate); un’altra collezione di «Hidrangee» e camelie; «Acace Pasque Rouge»; una serie indefinita di piante erbacee perenni decespugliate (l’elenco è in possesso del Garden Club Terni). Portato all’estremo dell’essiccazione il boschetto di ontani che ricostituiva il paesaggio fluviale nel giardino pensile, con 80 centimetri da terra (da oltre 3 anni non viene innaffiato).

Il secondo giardino, quello di piazza delle Arti, oltre che rappresentare un indubbio elemento di arredo per la zona costituiva un prezioso filtro ecologico a difesa dei bambini della scuola Battisti dagli inquinamenti acustici ed atmosferici provocati dal traffico. Qui abbiamo perso alcuni rari pioppi, aceri e alcuni sempreverdi della macchia mediterranea. In compenso prosperano fichi, ailanti, ligustri e ‘spaccasassi’ che non hanno titolo di pregio e per di più infestano e danneggiano la cinta difensiva romana e medievale.

Dopo tanto cemento, che almeno gli spazi verdi dei cittadini siano oggetto di cure da parte di mani amorevoli ed esperte dirette da specialisti o dovremmo forse accrescere la sensibilità culturale di quanti sono chiamati a gestire il nostro patrimonio verde? Invece di fare progetti di riqualificazione a volte distruttivi non è più semplice mantenere l’esistente con molte meno risorse?

Mentre i bambini non sanno dove giocare, gli adolescenti dove incontrarsi, gli anziani dove refrigerarsi, fioriscono anonimi centri commerciali che continuano a svuotare i centri storici e mai sostituiranno il diritto di vivere in una città a misura d’uomo, in cui la natura ha un ruolo-chiave nell’arginare i livelli di inquinamento tristemente noti”.

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