Terni, contabilità ”double face”, società di carpenteria evade 6 milioni di euro

Aveva adottato una contabilità che i finanzieri del nucleo polizia tributaria di Terni hanno soprannominato “double face”. Il titolare di una società operante nel settore della carpenteria metallica aveva ben escogitato lo stratagemma per nascondere i ricavi riuscendo ad evadere il fisco per oltre 6 milioni di euro. Le fiamme gialle lo hanno scoperto nel corso di altri controlli.

La contabilità “double face” funzionava così: per ogni cessione di beni la società emetteva regolare fattura che consegnava al cliente con importi piuttosto consistenti; subito dopo emetteva un duplicato dello stesso documento, con stesso numero progressivo e stessa data, ma indicando diverso importo e destinatario. Spiegano i finanzieri che i rapporti erano più o meno questi: invece di un milione di euro indicava 5 mila euro, invece del cliente Tizio fatturava al cliente Caio. Ovviamente poi ad essere registrate erano solamente le fatture dulicate di importo minore.

In sostanza, con una certa attenzione nello scegliere il momento giusto della fatturazione, il titolare della società di carpenteria metallica emetteva lo stesso giorno 2 fatture con lo stesso numero progressivo, entrambe per prestazioni effettivamente rese, ma una reale per un importo molto consistente, l’altra duplicata di importi minimi. In questo modo gli ignari clienti ricevevano una regolare fattura, con importo, data e descrizione correttamente indicati mentre l’emittente verificato registrava in contabilità solo quella di più piccolo importo. Il tutto a vantaggio della dichiarazione dei redditi di fine anno della società di carpenteria metallica. Così, in caso di controlli tutto appariva a prima vista regolare anche perché tutte le fatture erano regolarmente numerate e registrate progressivamente e nessuno poteva accorgersi che in circolazione vi fossero altri documenti con lo stesso numero progressivo.

Il caso ha però voluto che un giorno, nel corso altre indagini di polizia giudiziaria condotte sul territorio nazionale, venisse alla luce che l’imprenditore aveva acceso dei conti correnti bancari dedicati esclusivamente ad incassare i proventi delle vendite: un elemento che ha insospettito le fiamme gialle. In effetti si trattava di un espediente per rendere più difficoltosa la ricostruzione della frode fiscale: in quei conti correnti erano ricevuti tutti i pagamenti che poi non venivano contabilizzati, ma che, ovviamente, avevano lasciato traccia nella contabilità delle ignare società acquirenti.

Scoperto questo, per i finanzieri è poi stato semplice ricostruire la situazione analizzando i conti correnti individuati e facendo una serie di controlli incrociati sui clienti: in questo modo la guardia di finanza ha contestato all’imprenditore la somma di 6.300.000 euro di elementi positivi di reddito non dichiarati ai fini delle imposte dirette, oltre 6.300.000 euro di base imponibile ai fini Irap ed un’Iva dovuta pari a 411.000 euro. Il rappresentante legale della società è stato inoltre segnalato alla Procura della Repubblica di Terni per i reati di dichiarazione fraudolenta e distruzione di documenti contabili.

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