Terni, fu fermata in auto con 800 mila euro: ”Sono prostituta” invece commerciava in nero

Era novembre 2012 quando lungo la Valnerina, dopo aver fermato per un normale controllo una Opel Astra con a bordo una 50enne ternana e il suo compagno, i carabinieri della stazione di Arrone fecero l’incredibile scoperta di 800 mila euro in contanti contenuti in un sacchetto di plastica poggiato sul sedile posteriore, (qui l’articolo). Non potendo giustificare in alcun modo il possesso dell’enorme somma, la signora aveva dichiarato di essere una prostituta e di aver esercitato l’antica professione per anni a Roma.

Sono a quel punto partite le indagini, successivamente passate in mano agli uomini della guardia di finanza di Terni. Gli accertamenti portati avanti dalle fiamme gialle, hanno permesso di accertare, ad oggi, che i soldi posseduti dalla signora, non fossero il provento di prostituzione o di reati, bensì di una attività commerciale svolta completamente in nero.

Infatti la signora svolgeva da oltre 10 anni, indisturbata e senza alcuna autorizzazione, un florido commercio al dettaglio di oggetti preziosi ed orologi di pregio. La signora aveva una clientela circoscritta e fidelizzata in ragione dei prezzi particolarmente competitivi che applicava sui suoi prodotti grazie alla mancata applicazione dell’Iva. Con una semplice telefonata, la signora si presentava presso l’abitazione dell’acquirente o sul suo posto di lavoro dove faceva altri affari con i colleghi moltiplicando contemporaneamente il suo giro di clienti. Sulla merce ceduta praticava sconti che le aziende che operano nel rispetto delle regole amministrative e fiscali non possono certo accordare. Grazie a questa attività completamente all’oscuro del fisco, la ternana è riuscita ad accumulare l’ingente fortuna non presentando per diversi anni alcuna dichiarazione dei redditi.

L’attività svolta dalla cinquantenne, in totale evasione fiscale, è stata passata al setaccio dagli uomini della polizia tributaria della guardia di finanza che hanno effettuato indagini patrimoniali e finanziarie, raccogliendo numerose ed testimonianze. La sistematicità con cui la donna si recava presso le sedi per smerciare i propri prodotti, era tale da far ritenere erroneamente, a taluni dei clienti ascoltati, che tale attività fosse stata concordata con la direzione delle strutture pubbliche e private nelle quali si recava.

La verifica effettuata a carico della signora conclusa nei giorni scorsi, ha permesso allo Stato di contestare un imponibile dovuto per 317.827 euro ed un’Iva pari a 81.304 euro.

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