Terni, Isrim sull’orlo del fallimento: l’ultimo appello dei lavoratori

Terni Oggi lo aveva scritto circa un anno fa, il 30 luglio 2013: “Isrim non è uno dei tanti carrozzoni pubblici dell’Umbria, non ha niente a che vedere con i poltronifici regionali e locali messi in piedi e mantenuti solo a scopo clientelare. Eppure (o forse proprio per questo) Regione, Provincia e Comune sembrano intenzionate a risparmiare chiudendo proprio (e soltanto) questo importante ente di ricerca” (qui l’articolo). Parole che, purtroppo, si stanno rivelando profetiche. Tra due settimane l’Isrim, istituto di ricerca di Terni, potrebbe fallire senza che le istituzioni pubbliche che ne erano soci di maggioranza e che lo hanno messo in liquidazione (Regione Umbria, Provincia di Terni e Comune di Terni), abbiano mai dato serie risposte ai 32 lavoratori.

Dall’inizio della crisi, i ricercatori e i dipendenti dell’Isrim si sono sacrificati accettando tagli di stipendio, contratti di solidarietà, condizioni di lavoro sempre più difficili. Nel corso degli anni hanno stretto i denti e portato avanti l’ente di ricerca. Se quei lavoratori (che oggi sono ad un passo dal licenziamento) hanno una colpa, è quella di non aver lottato con la stessa tenacia per opporsi alle decisioni delle istituzioni pubbliche che, settimana dopo settimana, vanificavano i loro sacrifici e condannavano l’istituto. I dipendenti non hanno mai alzato i toni, non hanno protestato energicamente contro la messa in liquidazione, hanno dato credito alle successive promesse dei rappresentanti delle istituzioni locali, hanno infine deciso di “non approfittare” della campagna elettorale. Ora sono loro stessi a parlare di “ingenuità”.

Nonostante abbiano ormai perso fiducia nelle istituzioni, sembrano voler accettare il fallimento senza alzare la voce, limitandosi ad un ultimo appello. Eppure di motivi per mobilitarsi e protestare ne avrebbero. A cominciare dalla sensazione che le istituzioni pubbliche abbiano fatto dell’Isrim un capro espiatorio. Si taglia l’ente di ricerca di Pentima per mantenere in piedi decine di altri organismi pubblici improduttivi, in perdita, che però servono al mantenimento del consenso, a scopi clientelari, a produrre posti di lavoro-premio. Questa è infatti la situazione generale: in Umbria si contano 78 società partecipate dalla Regione e il totale di queste attività registra una perdita annua di circa 800 mila euro (l’Umbria è l’unica regione del centro e del nord che presenta conti complessivi negativi). Non è tutto perché complessivamente gli enti partecipati dall’Umbria presentano uno dei più elevati quozienti di indebitamento (rapporto tra debiti e patrimonio). L’Isrim non è quindi un ramo secco di un albero in salute, sembra piuttosto l’unico privo di padrini politici.

La lettera dei lavoratori Isrim:

“A pochi giorni dal possibile, se non probabile, fallimento dell’ISRIM, i 32 lavoratori dell’Istituto chiedono ai soci pubblici (Comune di Terni, Provincia di Terni e Regione Umbria attraverso Sviluppumbria) se è normale procrastinare per settimane l’incontro forse decisivo per le nostre sorti.

Comprendiamo gli impegni della campagna elettorale ed abbiamo consciamente deciso di non alzare i toni per non dare l’impressione di volerne approfittare, capiamo gli impegni pressanti degli Assessori regionali indaffarati in vertenze numericamente ben più pesanti della nostra, ma è concepibile che a 15 giorni dalla data del possibile fallimento dell’Istituto non si sia ancora trovato uno spazio nella fitta agenda dei nostri rappresentanti locali per prendere una decisione sul caso ISRIM?

E’ normale costringerci ad appellarci al Prefetto per organizzare questo incontro? Peraltro siamo ancora, incredibilmente, nella fase di discussione interna tra i soci ed immaginiamo che la trattativa vera e propria con l’imprenditore, se mai ci sarà, non avrà esiti immediati.

E’ forse scortese, ad un passo dal licenziamento, chiedere sommessamente conto ai nostri rappresentanti in Regione, Provincia e Comune di quanto è stato concretamente fatto per salvare i nostri posti di lavoro?

La messa in liquidazione volontaria dell’istituto (l’unico atto concreto, sembrerebbe) è datata Novembre 2013, ma l’ISRIM è in crisi da almeno 5 anni; da allora, per salvare un bene di proprietà pubblica, i nostri sacrifici sono stati innegabili, abbiamo lavorato in condizioni assolutamente disagiate e con decurtazioni ai nostri stipendi tali da precipitare i più sfortunati tra noi (le famiglie mono-reddito e quelle con mutuo) in una condizione che tecnicamente è di povertà; tutto ciò per non perdere commesse e clienti e per continuare a mantenere “appetibili” a potenziali compratori privati alcuni rami di attività dell’istituto.

E’ lecito, a fronte di questi sacrifici, chiedere quale sia stato l’impegno profuso dai nostri “proprietari”?

Il Consiglio della Regione dell’Umbria, con Deliberazione n. 302 del 18 dicembre 2013, esprimeva all’unanimità l’intenzione di individuare “una soluzione che assicuri il mantenimento dell’intera forza lavoro e la prosecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e di servizio alle imprese dell’Istituto” e ad agire “parallelamente per la salvaguardia delle professionalità”. Dobbiamo rassegnarci all’idea che gli impegni presi rimangano lettera morta oppure possiamo ancora sperare che quando il Consiglio Regionale impegna la Giunta Regionale su un argomento tanto delicato chieda poi conto delle azioni concrete intraprese in tal senso?

Chiediamo, forse per l’ultima volta prima di togliere il disturbo, che venga indicata chiaramente dalla Regione Umbria (a tutti gli effetti socio di maggioranza relativa dell’istituto) quale è la strada da percorrere, se questa strada porta al fallimento dell’ISRIM, se, in caso di disinteresse da parte di imprenditori privati, non sono immaginabili soluzioni alternative, se c’è la possibilità di utilizzare diversamente le nostre competenze o se, semplicemente, verremo a breve licenziati.

Qualcuno deve prendersi la responsabilità di scelte chiare, lo dovete a noi, alle nostre famiglie che abbiamo costretto ad anni di sacrifici solo perché, forse ingenuamente, abbiamo creduto in una soluzione positiva di questa triste vicenda e soprattutto lo dovete all’onorabilità del ruolo che ricoprite, perché l’unica cosa che non possiamo accettare è che si arrivi alla fine del mese e si spenga tutto in silenzio, come per consunzione e come se quel che sta accadendo non sia il frutto di scelte, o mancate scelte, di anni.

Tutto il personale, “patrimonio intangibile” dell’ISRIM, se pur provato da questa penosa vicenda, ha ancora voglia di mettersi in gioco e dimostrare che tanti sacrifici non sono stati inutili e che ancora molto si può fare per mettere a frutto le competenze maturate in questi 25 anni di attività, con la dedizione e la serietà che non ha mai fatto mancare”.

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