Terni, Prc copre targa dedicata a Papa Wojtyla con cartello per Dante Sotgiu

Piazza Karol Wojtyla trasformata per qualche minuto in piazza Dante Sotgiu: è l’azione compiuta stamattina dal Partito della rifondazione comunista di Terni. I militanti del Prc hanno coperto la targa che intitola la piazza al Papa (inaugurata due giorni fa) apponendo sopra un cartello che recita “piazza Dante Sotgiu”. Il segretario provinciale del Prc e candidato sindaco alle prossime elezioni, Lorenzo Carletti, ha quindi spiegato i motivi del gesto simbolico.

Alla base dell’azione dimostrativa c’è una critica molto dura nei confronti del sindaco Di Girolamo che due giorni fa ha svolto la cerimonia di intestazione della piazza: “Un gesto di arroganza a 23 giorni dalle elezioni e il giorno dopo la sua santificazione, l’ennesimo tentativo di piegare le Istituzioni a fini personali. Il tentativo, cioè, di convogliare il sentimento religioso sulla scheda elettorale”. Dante Sotgiu, che fu assessore e poi sindaco comunista di Terni, secondo Carletti rappresenta la tradizione ternana di città “pacifista, antinuclearista, ambientalista e antifascista”.

Aggiornamento ore 19,40: Il sindaco Leopoldo Di Girolamo ha commentato l’azione dimostrative del Prc: “L’iniziativa messa in atto dal segretario di Rifondazione Comunista in piazza San Giovanni Paolo II è tanto simbolica quanto strumentale. È semplicemente insensato mettere a confronto due figure come Papa Wojtyla e Dante Sotgiu, entrambe legate alla storia della città, ma che non meritano di diventare oggetto di paragone, se non proprio di contrasto. Forse quando si cerca visibilità, si dovrebbe avere anche un minimo di buongusto”.

Il discorso di Lorenzo Carletti:

“Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi. Rimangono immutate dopo esser state dette o scritte, affidate alla cura ed alla memoria di chi le ascolta o le legge. Proprio la memoria, azione collettiva dell’umana società, ci mette al riparo dell’oblio dei singoli, permettendo così di richiamarli alle loro responsabilità.

Non tutte le parole sono però uguali, al pari del peso che andranno ad assumere. Su tutte, il maggior peso lo hanno quelle usate per indicare i luoghi dove si svolge la vita quotidiana della comunità e negli ultimi anni a Terni di parole-pietre ne sono state scagliate molte

Il 2 maggio del 2014 è la data in cui l’ex amministrazione Di Girolamo ci lascia la sua ultima parola – pietra: l’intestazione della piazza antecedente alla Circoscrizione Est, luogo istituzionale e quindi laico per eccellenza, al papa Karol Wojtyla.

Noi, come amministrazione appena insediata, rispettiamo profondamente il sentimento religioso dei singoli, indipendentemente dalla loro fede religiosa, così come viene garantito anche dalla Costituzione italiana. Proprio per questo profondo rispetto che nutriamo del sentimento religioso che siamo convinti che solo uno Stato laico è garante della piena libertà religiosa di tutti.

L’atto che l’ex Sindaco Di Girolamo fece il 2 maggio del 2014 rappresenta la negazione della laicità dello Stato. Intitolare la piazza a Karol Wojtyla quel 2 maggio, a 23 giorni dalle elezioni e il giorno dopo la sua santificazione, fu l’ennesimo tentativo di piegare le Istituzioni a fini personali. Il tentativo, cioè, di convogliare il sentimento religioso sulla scheda elettorale. Un atto di arroganza di un potere che vede il cittadino come suddito, di un potere alla ricerca di facili benedizioni e inedite sponde destrorse pur di conservare se stesso.

Un’amministrazione, quella passata, che se da un lato diceva no al registro per il testamento biologico e relegava la sala del commiato in luogo periferico, dall’altra inaugurava via delle Foibe, trasformato poi in luogo di culto dai fascisti locali, dedicava il piazzale antistante i nuovi uffici comunali alle vittime di Nassirya e, come ultimo atto dedicava questa piazza a Karol Wojtyla. Quell’amministrazione inseguiva quel processo ventennale di riscrittura della storia nazionale apertosi con il famoso discorso di insediamento a Presidente della Camera di Luciano Violante nel 1996. Processo che avrebbe portato a trarre la odonomastica dei futuri sviluppi urbanistici di Terni da fatti bellici di quella guerra globale che l’Italia contribuisce ad esportare; oppure da riabilitazioni nostrane (future piazza Bettino Craxi o ipotetici viali Giulio Andreotti e Giorgio Almirante) o, in coerenza con il nuovo corso politico nazionale napolitan-renziano, un largo dedicato a Silvio Berlusconi.

Con questo atto noi vogliamo rompere il processo di revisionismo storico presente in città. Riportare la memoria storica sui giusti binari e fargli svolgere il ruolo che le è proprio: definire la coscienza di ciò che è accaduto al fine di interpretare ciò che è, ed essere così al servizio della vita della collettività.

Per queste ragioni che è maturata la decisione di trasformare la piazza Karol Wojtyla in piazza Dante Sotgiu. Sia per ribadire l’attualità dell’azione e dell’insegnamento che Sotgiu ha lasciato a questa città; sia per restituire a Dio quel che è di Dio e dare a Cesare quel che è di Cesare.

Ma quale è l’insegnamento che Dante Sotgiu lascia alla città di Terni, alla sua vita politica, culturale e amministrativa?

Dante Sotgiu insegnava al Liceo Classico “Tacito”. Nato nella lontana Sardegna seppe integrarsi benissimo nel movimento operaio ternano e nel tessuto sociale di questa città. Fondò nel 1956, insieme ad altri, la casa editrice Thyrus che è ancora attiva nel panorama editoriale locale.

Fu protagonista della vita politica e istituzionale della città negli anni ’60 e ’70. Anni di passione, di conflitti, e di trasformazioni sociali, culturali ed economiche. Sono gli anni della ricostruzione, gli anni che segnano il passaggio dalle rovine della guerra alla modernizzazione. In questi anni furono inventati gli assessorati alla cultura e allo sviluppo economico.

Fu in questi anni difficili ma appassionanti che Dante Sotgiu si pose al servizio della città di Terni, prima come assessore alla cultura e all’urbanistica e poi come Sindaco dal 1970 al 1978.

Il suo mandato da Sindaco si apre con una forte crisi economica per Terni segnata dalla chiusura dello Jutificio Centurini seguita poi della fabbrica di Papigno. Sotgiu, come sindaco, riuscì a riunire intorno a se tutta la città. A imporre il tema dello sviluppo economico e del lavoro al centro del dibattito politico cittadino mobilitando così istituzioni, sindacati e la città intera. Era il luglio del 1970 quando da Sindaco, con la fascia tricolore davanti allo Jutificio Centurini occupato dalle donne, dichiarava la requisizione della fabbrica. Di lì a poco si tenne dentro lo Jutificio occupato e requisito la prima riunione del Consiglio regionale straordinario.

Lo Jutificio e Papigno rimangono due esempi della capacità e dell’efficacia dell’azione istituzionale e sindacale. Di un attivismo istituzionale in grado di mettersi alla testa di un grande movimento di lotta popolare e unitario per avviare una trattativa forte, serrata ed avanzata con il Governo. Trattativa che ottenne l’apertura di altri settori produttivi nel ternano e la creazione di nuovi 800 posti di lavoro in sostituzione di quelli che si stavano perdendo. Fu una vittoria per la città. Oggi tutti concordano nel dire che senza l’esproprio della Centurini quell’esito non sarebbe stato così scontato.

Con il gesto di oggi noi vogliamo richiamarci a questa tradizione. Al ruolo storico della sinistra di porre al centro dell’azione di governo temi centrali come il lavoro, i diritti, la solidarietà e l’ambiente.

La crisi che oggi attraversa Terni non può essere superata se non si è in grato di rilanciare una progettualità e una visione complessiva del territorio. Se il governo cittadino non sa diventare centro aggregativo in grado di coinvolgere l’intero tessuto sociale e produttivo della città per imporre alla Regione e al Governo nazionale l’apertura di un tavolo sulla crisi.

Oggi, con questa parola – pietra, vogliamo ricordare alla comunità ternana la sua capacità di azione e di reazione difronte alle crisi che ha dovuto subire negli anni, dalle quali è stata sempre in grado di uscirne con le proprie mani e senza mai confidare nella divina provvidenza.

Oggi noi tracciamo quel filo rosso della memoria collettiva ternana che dall’esperienza di quegli anni trae l’insegnamento per l’oggi.

Per questo in nome dell’Amministrazione che rappresento dichiaro che:

1. la Basell verrà espropriata. Esproprio come monito all’arroganza del potere delle multinazionali e per il rilancio del polo chimico ternano;

2. abbiamo avviato la procedura per chiedere il riconoscimento dell’area di crisi industriale complessa;

3. abbiamo inviato incontri con la Regione umbra affinché approvi in tempi brevi il disegno di legge predisposto dal Gruppo regionale del PRC contro le delocalizzazione delle fabbriche.

In chiusura di questa cerimonia e con questa lapide in ricordo di Dante Sotgiu vogliamo intrecciare definitivamente quel filo rosso della memoria collettiva che lega migliaia di ternani nel ricordo e nell’affermazione che Terni è e sarà sempre una città pacifista, antinuclearista, ambientalista e antifascista”.

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